#RestiamoACasa #Fase2 Il mondo del pallone è da sempre una cosa 'a parte' ma in questa occasione rischia davvero di scollarsi da una realtà che sta andando in tutt'altra direzione: Ma come si può pensare di ripartire?
Ripartenza del campionato? Gli interrogativi sono parecchi a partire da quelli dei medici dei club che, ritenuti responsabili della salute della squadra, potrebbero incorrere in denunce penali (e infatti, se non verranno ascoltati, sono pronti a scioperi e dimissioni in blocco!) in caso di contagi al coronavirus e poi ci sono quelli dei tifosi e dei semplici appassionati (a almeno buona parte di loro) che si chiedono che senso abbia, dopo la grande sofferenza e le morti portate ancora oggi dalla pandemia, anche solo parlare di calcio e classifiche!
Il mondo del pallone è da sempre una cosa 'a parte' ma in questa occasione rischia davvero di scollarsi da una realtà che sta andando in tutt'altra direzione e per cosa poi?
È indubbio che i soldi in ballo siano tantissimi ma cosa succederebbe al primo insorgere di un nuovo caso con tutta la squadra obbligata a due settimane di quarantena? Si farebbero giocare le formazioni Primavera magari? Si fermerebbe tutto un'altra volta o si costringerebbero i non (ancora) contagiati a giocare contro dei potenziali tali senza nessuna garanzia?
Suvvia siamo seri! Tenere in vita questa stagione, peraltro ormai falsata, null'altro è che accanimento terapeutico!
...E in tutto questo, il braccio di ferro tra le TV e i club che ancora non trovano l'accordo e si mandano messaggi via ANSA: Ibarra (CEO di Sky Italia) 'Ci auguriamo che l’assemblea sia finalmente l’occasione giusta in cui i rappresentanti dei club di Serie A possano prendere in serio esame la proposta di dialogo che da settimane facciamo loro. In tutta Europa le leghe e i broadcaster stanno affrontando insieme questa grave emergenza trovando delle soluzioni equilibrate e di interesse generale. Sky ha proposto diverse soluzioni ma non ha ricevuto alcuna risposta'. De Siervo (AD della Lega Serie A) 'La porta del dialogo con Sky è sempre rimasta aperta in tutte queste settimane, nel rispetto dovuto al partner storico della Serie A. Nei contatti avuti con Sky, però, abbiamo sempre ribadito come fosse necessario che, prioritariamente, Sky rispettasse le scadenze di pagamento previste dai contratti. Fin da subito abbiamo chiarito che la richiesta, formulata da Sky, di uno sconto compreso tra il 15% e il 18%, in caso di prosecuzione del campionato, evidentemente non poteva essere accettata, tanto più in un momento finanziariamente così complicato per le nostre squadre'.
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Mister Osvaldo BAGNOLI a TuttoMercatoWeb.com «Perché vincemmo? Grazie ad un gruppo affiatato e di qualità. Tutti i giocatori erano uniti e vivevano in armonia. C’era amicizia nello spogliatoio. E’ stata una grande annata e tutti noi ci portiamo dentro quello scudetto. Da Garella che è da un po di tempo che non vedo a Tricella che era già forte negli anni precedenti. Passando per Fontolan, Marangon, Di Gennaro, Sacchetti, Bruni, Volpati che è un grande amico. Fanna poi era tecnico e veloce. Ripeto, era fondamentalmente una squadra che andava d’accordo e che aveva le sue capacità. non a caso poi in tanti andarono anche in Nazionale» Hellas1903.it
Il presidente SETTI in diretta Facebook per il memoriale dei 35 anni dello scudetto ribadisce il desiderio di ripartire «Gli altri ripartono, in Germania, Inghilterra e Spagna. Rischiamo di perdere soldi e campioni. Il calcio è business, riceve molto dalle televisioni. I problemi che ci sono ora li avremo anche a settembre. Dopo la fase critica, il virus va affrontato e curato come le altre malattie. Serve equilibrio» Hellas1903.it
Il primavera Adama SANE a 'SportDiPiù Magazine' «Sono nato in Senegal praticamente per caso: i miei genitori si erano trasferiti in Italia da tempo, ma al momento del parto mia madre si trovava in visita a dei parenti in Senegal. Io sono cresciuto proprio con quei parenti, con i quali sono rimasto fino ai 14 anni. Poi raggiunsi i miei genitori in provincia di Treviso e iniziai a giocare con la squadra del mio quartiere, ma ci rimasi poco… Durante un torneo a cui presi parte con la Rappresentativa Regionale Under 15 venni infatti notato dagli osservatori del Verona. Dopo una settimana di prova, e a poco più di due mesi dal mio arrivo in Italia, ero un giocatore dell’Hellas. Andai alla Juventus nell’ambito dell’affare Kean, una sorta di scambio di prestiti. La Primavera della Juve però aveva altri cinque attaccanti, tutti più grandi di me, quindi non giocai mai. A gennaio quindi chiamai il Verona e dissi che volevo tornare in quella che per quattro anni era stata la mia famiglia. Tornare all’Hellas è stato come tornare a fare il mio lavoro, ovvero fare gol. Non potevo fare scelta migliore e non potevo trovare un allenatore migliore di Corrent: lui è l’ideale per le mie caratteristiche. Questo, comunque finisca, è il mio ultimo anno in Primavera: sono pronto a fare il mio percorso. Il mio sogno è quello di esordire in Serie A al Bentegodi, come hanno fatto diversi miei ex compagni di squadra» CalcioHellas.it
Riprendere? Il ministro dello Sport Spadafora invita ancora una volta alla (sacrosanta) cautela «Il governo ha sempre tenuto una posizione prudente, mentre presidenti di club hanno legittimamente cambiato opinione strada facendo. Noi abbiamo mantenuto la linea della coerenza, senza pressioni. Se il campionato riprenderà lo farà perché ci sono le condizioni. In molti mi chiedono: “Perché se una cassiera risulta positiva non chiude il supermercato, a differenza del calcio?”. La risposta è banale: nel supermercato è possibile mantenere le distanze e usare gli strumenti di protezione, il calcio è uno sport di contatto. Da qui le decisioni. Quello che vorremmo fare è evitare, per non danneggiare ulteriormente il mondo del calcio, nuove chiusure. Siamo comunque consapeoli che la voglia di finire il campionato sia legata a ragioni sportive ma anche eonomiche» Hellas1903.it
Giampaolo Pazzini | Il Capitano dell' Hellas Verona | Intervista Esclusiva | Serie A TIM
Intervista Esclusiva con Giampaolo Pazzini, attaccante dell'Hellas Verona: dall'ultima partita giocata del campionato 2019/20 contro la Sampdoria al gol contro la Juventus, il Capitano dell'Hellas si racconta | Serie A TIM
12 MAGGIO 1985 FOTOGALLERY Hellas Verona, 35 anni fa lo scudetto: che fine hanno fatto i giocatori di Bagnoli?
12 mag 2020 - 13:15
C'era una volta l'ultima provinciale capace di vincere uno scudetto. La favola del Verona di Bagnoli compie 35 anni questo 12 maggio, quando nel 1985 diventò aritmetico il titolo dopo il pareggio contro l'Atalanta. Dove sono oggi gli eroi in grado di battere Maradona, Platini, Zico, Socrates, Rummenigge e Falcao?
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CLAUDIO GARELLA - "Garella è il più forte portiere del mondo. Senza mani, però" diceva di lui Gianni Agnelli. Decisivo per quello scudetto, con le mani, coi piedi e qualsiasi altra parte del corpo: ognuna buona per parare e regalare un sogno. "Garellik", così soprannomiato proprio per il suo stile, ha intrapreso dopo il calcio giocato la strada della panchina e da dirigente nelle serie inferiori.
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ROBERTO TRICELLA - Libero e capitano del Verona di Bagnoli: il più presente (insieme a Garella e Volpati) e leader di quella squadra operaia che arrivò fino in paradiso. Dopo la carriera da calciatore si è dedicato al settore immobiliare.
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SILVANO FONTOLAN - Mastino della difesa insieme a Ferroni: loro il compito di fermare i tanti fenomeni del calcio italiano degli anni Ottanta. Arrivò all'Hellas dopo le stagioni al Como e un anno all'inter. Proprio dal Como ripartirà per la carriera da allenatore, che proseguirà poi anche in veste dirigenziale tra le serie minori. Ha pubblicato anche un libro: "Agenda annuale di allenamento"
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MAURO FERRONI - Non uno dei primi undici di Bagnoli per presenze, ma uomo chiave nella difesa meno battuta del campionato. Dopo il calcio giocato si è allontanato dal mondo del pallone: è rimasto a Verona, diventata la sua città di adozione.
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PIERINO FANNA - Instancabile locomotiva sulla fascia destra: è tutt'ora solo uno dei cinque calciatori italiani ad aver vinto lo scudetto con tre società diverse (anche con Juve e Inter). Pedina tattica fondamentale di Bagnoli. Prima un piccola parentesi in panchina come vice di Prandelli a inizio 2000. Recentemente ha lavorato per la radio ufficiale dell’Hellas Verona
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HANS-PETER BRIEGEL - Uno dei due stranieri comprati nell'estate del 1984, e decisivi per lo scudetto. Ventisette partite e nove gol, il primo al debutto contro il Napoli dove era appena arrivato Maradona. Dal 1989 al 2007 allena (tra Germania, Turchia e nazionale albanese). Ora - come raccontato in un'intervista a quattrotretre - ha una fondazione e si occupa di progetti umanitari.
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DOMENICO VOLPATI - Fatica e corsa in mezzo al campo, alla ricerca del sogno che diventerà realtà. Raccontò di aver lasciato la festa scudetto in piazza Bra in anticipo perché doveva sposarsi. Al pari di Socrates è laureato in medicina, e a Cavalese ha lavorato per anni nel suo studio. Oggi è in pensione.
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ANTONIO DI GENNARO - Al Verona dal 1981 al 1988, sarà la mente del centrocampo: qualità e assist. Con anche la Coppa Italia fu in assoluto il giocatore più utilizzato nello scacchiere di Bagnoli, giocando 38 partite sulle 39 totali della stagione. Oggi è un noto opinionista tv, ex della squadra di Sky Sport.
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LUCIANO MARANGON - Altra freccia esterna di quel Verona da sogno. In carriera ha vestito le maglie di Juve, Inter, Napoli e Roma. Dopo la carriera si è trasferito ad Ibizia, dove gestisce un ristorante.
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GIUSEPPE GALDERISI - "Nanu" fu il capocannoniere di quel Verona con 11 gol. Velocità, movimenti agili, elevazione. E rapace d'area di rigore. Inizierà la sua carriera in panchina nel 1999 in America coi New England Revolution (dove aveva smesso come calciatore). Cambierà oltre 15 squadre. Oggi è alla guida della Vis Pesaro in Serie C, con cui era 15° in classifica prima dello stop ai campionati.
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PREBEN LARSEN ELKJAER - L'altro straniero insieme a Briegel. Se Galderisi era l'agilità, lui era l'ariete. "Cavallo pazzo" chiuse secondo nel Pallone d'Oro 1985 dietro solo a Platini, e dopo l'Hellas tornerà in Danimarca per non legarsi a nessun altro club italiano. Oggi è commentatore per la tv danese.
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GLI ALTRI - Furono in totale 17 i calciatori schierati da Bagnoli quell'anno. Luciano Bruni giocò 27 partite, a centrocampo con o come alternativa a Di Gennaro. Da lì una lunga carriera in panchina con le giovanili, dalla Fiorentina (1998) al Piacenza (2019), in mezzo anche la Juve con cui vincerà un Viareggio nel 2010.
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Franco Turchetta ha continuato a giocare a calcio a livello amatoriale per tanti anni. Luigi Sacchetti ha allenato fino al 2015. Anche Fabio Marangon (fratello minore di Luciano) e il secondo portiere Sergio Spuri hanno scelto la via della panchina nelle serie minori, mentre Dario Donà si è allontanato dal mondo del pallone.
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OSVALDO BAGNOLI - Dopo lo scudetto restò a Verona fino al 1990, chiudendo la sua carriera all'Inter quattro anni più tardi. Autore di un miracolo mai ripetuto dopo di lui. "Oggi non ci rendiamo conto di quale impresa abbiamo realizzato, ma sarà il corso del tempo a farcelo capire" - disse Volpati. A distanza di 35 anni l'impresa è rimasta storica.
FONTE: Sport.Sky.it
Lo scudetto del Verona compie 35 anni: perché resta un’impresa storica (e temo irripetibile)
35 anni fa l'impresa dell'Hellas Verona, che contro ogni pronostico si laureò Campione d'Italia. L'ultima grande storia italiana nell'epoca di un altro calcio.
Da Roberto Beccantini
Ieri A 10:32 | Aggiornato Ieri A 10:32
Lo scudetto del Verona compie 35 anni. Era il 12 maggio 1985, mancava una giornata al termine: l’1-1 di Bergamo, con l’Atalanta, sancì un confine storico. Storico e, temo, irripetibile. Tanto per cominciare, dal varo del girone unico (stagione 1929-’30), rimane la sola squadra di una città non capoluogo di regione ad aver realizzato una simile impresa: perché di impresa si trattò.
Era un altro calcio, d’accordo: con gerarchie precise ma non inviolabili. Bastava provarci, il Verona ci riuscì. Silvio Berlusconi sarebbe arrivato di lì a poco, nel 1986; la sentenza Bosman era ancora lontana (15 dicembre 1995). Molto vicina e molto agguerrita, in compenso, la concorrenza: la Juventus di Michel Platini, campione in carica, il Napoli di Diego Maradona, l’Inter di Karl-Heinz Rummenigge, il Milan di Mark Hateley.
Karl Heinz Rummenigge e Hans Peter Briegel dopo Inter-Hellas Verona del 1985
Credit Foto Imago
Le squadre erano sedici, gli stranieri due, le rose umane. Venne introdotto il sorteggio degli arbitri: non integrale, però. Molto passò da lì. Non tutto. L’Hellas si reggeva su uno proprietario munifico come Ferdinando Chiampan, che pur di sognare non badò a bruschi risvegli; un direttore sportivo di silenziosa competenza, Emiliano Mascetti; e un allenatore tutto arrosto (anche troppo, per l’epoca): Osvaldo Bagnoli. Il presidente, Celestino Guidotti, sembrava uscito dalla penna di Honoré de Balzac.
La mente corre al miracolo Leicester del 2016, sintesi tecnico-economica di un sistema infinitamente più bilanciato. Ma non fu la stessa cosa. Claudio Ranieri ereditò «volpi» che avevano evitato di un soffio la retrocessione. Bagnoli, viceversa, giunse al trionfo per gradi: promozione nel 1982, quarto posto nel 1983, sesto nel 1984 con il carico di due finali di Coppa Italia e un paio di turni di Coppa Uefa (incluso il romanzesco 3-2 sul campo minato della Stella Rossa).
Il gioco era un ibrido che onorava la tradizione rifiutandone i postulati più sciocchi. Parola d’ordine, «il terzino faccia il terzino». Fra i pali, Claudio Garella: mai visto un portiere «senza mani» vincere due scudetti (il secondo, nel 1987, a Napoli). Poi Roberto Tricella libero moderno, Mauro Ferroni e Silvano Fontolan in marcatura; il nottambulo Luciano Marangon e il decathleta Hans Peter-Briegel a spingere, Antonio Di Gennaro in regia con Domenico Volpati, di professione dentista, o Luciano Bruni a guardargli le spalle; Pierino Fanna tornante e andante; il nano Galderisi e quella forza della natura di Preben Elkjaer-Larsen a buttar giù i muri avversari, chi di fioretto e chi a sportellate.
La politica degli scarti, da Fanna a Galderisi, risultò mossa cruciale. All’esordio, subito 3-1 al Napoli del primissimo Maradona. E quindi, strada facendo, 2-0 a Madama con gol «scalzo» del danesone.
In totale: 15 vittorie, 13 pareggi e la miseria di 2 sconfitte; miglior difesa e secondo attacco. Dietro, a conferma dell’eccezionalità del messaggio, il Toro di Gigi Radice. Il Verona, «quel» Verona, avrebbe concluso il ciclo nel ’90, inghiottito dalla Serie B. E sempre con l’Osvaldo della Bovisa al timone. Oggi, una favola del genere è impensabile. I diritti televisivi hanno sventrato gli equilibri, la provincia può aspirare al massimo alla zona Champions, come certifica il boom dell’Atalanta: stadio di proprietà, piani chiari e, per paradosso, Europa più scalabile di quanto non lo sia lo scudetto.
Hellas Verona stagione 1984/85
Credit Foto Imago
La Juventus ne ha vinti otto, il Bayern sette, in Spagna o è Barcellona o è Real, in Francia - che pure visse, nel 2012, l’esperienza «veronese» del Montpellier - domina il Paris Saint-Qatar. L’ingorgo inglese appartiene a un altro spirito, a un’altra cultura. Il glorioso blitz del Verona, fondato da un pugno di studenti e «Hellas» su idea del loro professore di greco, resta l’eccezione che - più ancora del titolo sampdoriano del 1991 - segnò l'ultima ribellione al calcio chiuso. A maggior ragione, cin cin.
FONTE: EuroSport.it
VOLPATI E TRICELLA RILEGGONO CON FRANCESCO BARANA QUELLA MEMORABILE IMPRESA ECCO COSA SIGNIFICA OGGI QUEL TRICOLORE
12/05/2020 08:40
“Lo scudetto non è solo un fatto storico, è un luogo dell'anima. Per me ripensarci è come mettere un disco dei Beatles o di Battisti: mi riaggancio immediatamente a un luogo, a vicende, volti, ricordi. Credo sia così anche per i veronesi: qualche mese fa sulle piste da scii qui in Trentino una persona mi ha visto, ha ricordato e si è messa a piangere di commozione”.
Domenico Volpati, leader di quel Verona di Bagnoli che il 12 maggio di 35 anni fa, a Bergamo, conquistò lo scudetto, è la coscienza storica di quel gruppo. Ma “Volpe” questa volta, dalla sua Castello di Fiemme, per l'anniversario non vuole solo ricordare. C'è qualcosa di più, ancorato nel presente, nell'incedere dei suoi pensieri. C'è l'eredità sociale, se vogliamo “spirituale” di quell'impresa, che, dice Volpati, “riverbera la sua luce ancora oggi”. Lo scudetto “ha avuto un effetto trasversale e interclassista, che è ancora vivo, nel rapporto tra i veronesi e la squadra. Si interessa e chiede del Verona anche chi non sa nulla di calcio, altrove non succede e non è mai successo al Chievo nei suoi anni migliori. Tifa il Verona il medico, o l'avvocato, ma anche l'operaio. Quel 12 maggio è stata la sublimazione di un ciclone, di una bellissima tempesta che ha colpito tutti, non solo i credenti del calcio, ma anche i laici e i pagani. Quello scudetto ha fatto innamorare l'intera città e provincia all'Hellas”.
C'è, parallelamente, l'eredità calcistica: “La nostra vittoria per chi è venuto dopo, compresi la società e i giocatori attuali, è certamente uno zaino dei ricordi pesante da portare. Ma è giusto che sia così, ci si deve convivere, anzi, proprio quel successo deve essere vissuto ogni giorno come segno di responsabilità per quello che si fa. Il Verona da quel 1985 non è più solo una provinciale, ha un brand più importante, al pari di Sampdoria, Genoa, Bologna, Toro. A questi club bisogna guardare, non alle altre provinciali. Giocare nel Verona comporta dei doveri maggiori”.
Roberto Tricella era il giovane capitano di quel Verona. E, con Volpati, l'altra mente pensante, definizione che però non ama particolarmente: “Perché – sorride il Trice – sembra che i leader morali fossimo noi, invece sul piano emotivo il segreto di quella squadra è stato essere un mix di diversità e anime varie. Eravamo tutti seri in campo, ma lo spogliatoio era una babele per fortuna: c'era la persona più razionale e accanto il pazzo scatenato, vicino a lui il taciturno, o l'indolente che non voleva rotture di palle. Se fossimo stati tutti seri e dritti ci saremmo annoiati e non avremmo vinto”.
Tricella, che risponde da Milano, però condivide e rilancia l'analisi di Volpati: “Chiariamoci, quello scudetto non può essere una zavorra, semmai deve essere uno stimolo. Il Verona da allora è una società che ha il dovere di rimanere stabile in serie A e navigare quantomeno a metà classifica”. A Tricella poi sembra non andar giù chi in passato ha derubricato come casuale quella vittoria, quasi a voler scacciare un fardello troppo pesante: “Non esiste il caso. Il mio Verona per almeno un quinquennio, dal 1982 al 1987, è stata una delle dieci società più importanti d'Europa, avevamo dietro la Canon, 6-7 nazionali al top della carriera, campioni di profilo europeo come Elkjaer e Briegel. Due anni prima dello scudetto eravamo arrivati quarti, due anni dopo lo stesso, nel frattempo disputammo due finali di coppa Italia. Nessuno mi toglie dalla testa che se la società, anziché vendere ogni anno i due-tre più forti, avesse confermato tutti e allungato la panchina con un paio di giocatori avremmo potuto vincere un altro scudetto e arrivare in fondo a una coppa europea. Quel passato nessuno lo può portare via ed è giusto che i tifosi, che peraltro non hanno mai fatto mancare il loro amore nemmeno in C, lo ricordino ed esigano un Verona all'altezza del suo blasone”.
Al riguardo Tricella prova a dare un piccolo suggerimento anche a Setti: “Mi pare che i due-tre giocatori importanti della squadra attuale siano già in procinto di salutare a fine stagione e non è scontato sostituirli con pedine di pari valore. Quantomeno la società non faccia l'errore di smantellare, confermi lo zoccolo duro di quelli più bravi, altrimenti sarà difficile confermarsi”.
FRANCESCO BARANA
FONTE: TGVerona.it
Hellas Verona: anniversario dello Storico Scudetto 1984/85
DI REDAZIONE · PUBBLICATO 12 MAGGIO 2020 · AGGIORNATO 12 MAGGIO 2020
Era il 12 Maggio 1985 quando a Bergamo l’Hellas pareggiando 1-1 con reti di Elkjær Larsen e Perico per gli orobici padroni di casa vinsero quel tricolore.Indimenticabile l’esordio in casa al Marcantonio Bentegodi contro il Napoli di Diego Armando Maradona.L’Argentino masticò amaro il pomeriggio del 16 settembre 1984 ma, come sempre rimase disponibile verso la stampa quando a fine partita veniva tampinato dagli altrettanto Storici giornalisti RAI di quella trasmissione, ancora una volta Storica.90esimo minuto era tanto cara ai ragazzi della mia generazione, e non solo.Tonino Carino da Ascoli, Marcello Giannini da Firenze, Giorgio Bubba da Genova, Gianni Vasino da Milano, per non parlare di Giampiero Galeazzi noto Bisteccone e il conduttore e ideatore Paolo Valenti.
Ed ecco tutti i nomi della rosa di quella fantastica squadra : Claudio Garella, Sergio Spuri, Mauro Ferroni, Silvano Fontolan, Fabio Marangon, Luciano Marangon, Roberto Tricella, Hans-Peter Briegel, Luciano Bruni, Antonio Di Gennaro, Dario Donà, Piero Fanna, Luigi Sacchetti, Franco Turchetta, Domenico Volpati, Preben Larsen Elkjaer, Giuseppe Galderisi.
FONTE: ZonaCalcioFaiDaTe.it
Primo Piano Hellas, stagione finita? Le norme non lasciano alternative
I tecnici del governo hanno deciso che al primo contagio l’intera squadra finirà in quarantena. Il Verona andrebbe in Europa League
Di Cronaca di Verona - 12 Maggio 2020
Che senso ha ricominciare un campionato che al 99 per cento verrà nuovamente interrotto, e stavolta in via definitiva? Non vogliamo portare sfiga, anzi, tifiamo per la ripresa, amiamo il calcio. Però non possiamo ignorare i fatti. E il primo, basilare, lo ha stabilito il comitato tecnico-scientifico, quindi il governo: nel caso una squadra riscontrasse anche solo un giocatore positivo al Corona, per l’intera rosa scatterebbero 14 giorni di quarantena. Dunque fine dei giochi e per chi andrà al mare, se ci verrà consentito, buona estate.
A cosa è servito, dopo due mesi e mezzo di traccheggiamento, dare il via libera agli allenamenti di gruppo da lunedì prossimo se l’epilogo è pressoché certo? Oltretutto la responsabilità sanitaria ricadrà sui medici delle squadre, un fardello enorme: chi si assumerà tali rischi? E dunque delle due l’una: o i 220 mila casi di Covid registrati in Italia rappresentano la più grande fregnaccia della storia dopo i poteri miracolosi degli unguenti venduti da Vanna Marchi e dal maestro do Nascimento, oppure è statisticamente scontato (visto peraltro il numero elevatissimo di tamponi a cui vengono sottoposti i giocatori) che tra i 50 tesserati che gravitano attorno a una squadra tra calciatori e staff qualcuno, pur in forma asintomatica, da qui a tre mesi si becchi il virus.
L’articolo potrebbe finire qui, e però c’è da parlare del Verona, attualmente ottavo in classifica a 35 punti dietro al Milan a 36, al momento ultima squadra qualificata all’Europa League. Ma il Milan ha giocato una partita in più del Verona, e dunque in base al quoziente punti/incontri disputati sarebbe l’Hellas a tornare in Europa dopo 32 anni, ultimo incontro europeo Werder Brema-Verona, 16 marzo ’88, 1-1 e tedeschi qualificati alla semifinale Uefa. Elkjaer era squalificato, al Bentegodi il Verona perse 1 a 0 e fu Volpecina due settimane dopo a illudere i gialloblu.
A pari punti col Verona c’è il Parma, che però ha perso l’unico scontro diretto. Dovesse finire qui il campionato, dunque, l’unico criterio meritocratico per assegnare il posto vacante in Europa sarebbe quello di tener conto dei punti conseguiti a parità di partite giocate. Ci rifiutiamo di credere (ma lo temiamo) che sarebbe il Milan ad aggiudicarsi il riconoscimento. L’unica cosa sensata, a fronte dei rigidissimi paletti imposti dai tecnici del governo, sarebbe quella di decretare la fine delle ostilità e tenere conto dei risultati raggiunti sul campo. Col Verona di nuovo in Europa, sperando in nuove mitiche trasferte possibilmente a porte aperte. La meritocrazia però, si sa, in Italia non è tenuta in grande considerazione.
Ps. Nella Danimarca di Elkjaer il calcio riprenderà il 25 maggio. Ma questa è tutta un’altra storia.
Alessandro Gonzato
Primo Piano Auguri vecchio Hellas. Auguri Verona. 35 anni fa il trionfo a Bergamo
12 maggio ‘85: il Verona sbalordisce il mondo. Bagnoli guida al successo un gruppo straordinario. La città impazisce di gioia...
Di Cronaca di Verona - 11 Maggio 2020
Una squadra una città. Bergamo: domenica 12 maggio 1985, stadio comunale, Atalanta-Verona. All’Hellas serve un punto per vincere lo scudetto. L’orobico Perico, in gol dopo 16 minuti, gela il sangue dei tifosi scaligeri giunti in massa nella vicina Lombardia.
Piove, la giornata è grigia. Il Verona indossa la divisa gialla. C’è il tutto esaurito: 39 mila spettatori. Al sesto del secondo tempo Preben Larsen Elkjaer pareggia. E’ l’apoteosi. Verona impazzisce. Piazza Bra è stracolma di gente. Roberto Puliero, col suo microfono, racconta la storia. Reteeeee! Alè, alè, alè, bum bum viva viva vivaaaaa… Che Verona, che tempi! Domani saranno 35 anni dal trionfo: 35 anni sono tanti, ma l’impresa è immortale. Era un mondo diverso, romantico, si poteva sognare. E a volte i sogni diventavano realtà. Impossibile associare quel trionfo a un solo volto: come fai a scegliere tra “papà” Bagnoli, il grande presidente Guidotti, capitan Tricella, tra il “cavallo pazzo” danese, Briegel, Pierino Fanna, Nanu Galderisi, Garellik, Sacchetti, Di Gennaro? L’elenco è lunghissimo. Tutti hanno contribuito alla vittoria. E’ stata una fiumana di gente. Caroselli infiniti d’auto. Verona è andata avanti così per una settimana, anzi di più, perché l’ultima partita in casa contro l’Avellino i festeggiamenti sono ripartiti alla grande. Il Verona ha primeggiato nella serie A di Platini e Maradona, sconfitto all’esordio al Bentegodi, Verona-Napoli 3 a 1, marcatori Briegel, Galderisi e Di Gennaro. Per i partenopei in rete l’argentino Bertoni, campione del mondo nel ’78. L’altro argentino, quello col 10 sulla schiena, rimase a secco. Allora il calcio italiano era il più ammirato, invidiato, ambito. C’erano bomber di razza, giocatori dal talento smisurato, una passione travolgente. Il Verona ha vinto ma anche Verona città ha trionfato. La Verona matta ma lavoratrice. Una città piccola, genuina e rampante. Guardare le foto dell’epoca mette i brividi. Auguri Hellas, auguri Verona: 35 anni sono tanti, ma tra altri 35 il ricordo sarà vivo proprio come oggi.
A.G.
Sport Con loro, dentro un sogno
Una formazione imparata a memoria: “Garella, Ferroni, Marangon, Tricella e....” E un allenatore che parlava poco, perchè non ce n’era bisogno: un allenatore papà
Di Cronaca di Verona - 11 Maggio 2020
Raffaele Tomelleri
I giorni dello scudetto, di una formazione imparata a memoria. Quand’eravamo bambini, a memoria s’imparava l’Inter di “Sarti, Burgnich, Facchetti…”. O il Milan di “Cudicini, Anquilletti, Schnellinger…”. E la Juve di “Zoff, Gentile, Cabrini…”.
Ma venne un giorno che nessuno aveva mai pensato, il giorno di una favola vera, perchè anche nel calcio, almeno una volta, accadevano favole vere. Venne il giorno di “Garella, Ferroni, Marangon…”. E poi, “…Tricella, Fontolan, Briegel”. E ancora, “…Fanna, Sacchetti (o Volpati), Galderisi, Di Gennaro, Elkjaer”.
E non ce n’era per nessuno, perchè quando le grandi incontravano il Verona diventavano piccole. E anche i fuoriclasse che avevano, sì, perchè in quel campionato giocavano Maradona, Platini e Falcao, Rummenigge e Zico, e poi il filosofo Socrates e Boniek. E poi Pablito Rossi e Altobelli, Tardelli e Bruno Conti, Passarella e Cerezo. Beh, quando i fuoriclasse incontravano il gigante Hans Peter e i suoi compagni, diventavano tutti dei Nanu.
E il Nanu vero diventava un gigante. Ah, e poi, in quella squadra c’erano anche il piccolo Bruni e il grande Spuri, Donà e Turchetta, che sapeva palleggiare per ore con un’arancia. E ancora il giovane Marangon e il giovanissimo Terraciano. E un allenatore che parlava poco, ma non ne aveva bisogno. L’Osvaldo. Ancora oggi, quando loro ne parlano, quando lo incontrano e lo salutano, scoprono di avere gli occhi lucidi. Come la gente di Verona.
FONTE: CronacaDiVerona.com
NEWS 12/05/1985 – 12/05/2020: buon 35° compleanno, Scudetto gialloblù!
La storica impresa degli uomini di Bagnoli rivive ancora oggi nei cuori dei tifosi veronesi
di Tommaso Badia Maggio 12, 2020 - 08:30
Una follia, un sogno, una cavalcata trionfale: qualunque cosa sia stato per voi, lo storico Scudetto dell’Hellas è senz’altro un evento a cui difficilmente assisteremo nei prossimi anni.
Proprio per questo merita quindi di essere celebrato per quello che è: un gioiello prezioso saldamente incastonato nella storia del calcio, uno splendido ricordo che tutti i tifosi del Verona che hanno avuto la fortuna di viverlo porteranno per sempre nel cuore.
12 MAG 2020 DA QUEL 1985 NON SIAMO PIÙ UNA PROVINCIALE
La mia generazione…ha perso. Scusate se cito, un po’ a manica larga, Giorgio Gaber: il fatto è che quelli della mia classe (1980) hanno ricordi sfocati, sfumati dello scudetto. Ce lo siamo perduto, ecco, per nulla vissuto. Il 12 maggio 1985 avevo 4 anni e mezzo. Ricordo qualcosa della sera del 12, un po’ di più del pomeriggio del 19 con l’Avellino. Abbiamo perso, nel senso che ce lo siamo persi, eppure non abbiamo mai dimenticato la rotta, non abbiamo mai perso la bussola, dirigenti infastiditi non sono mai riusciti a disorientarci sul significato autentico di quell’impresa.
Noi siamo la prima generazione ad aver seguito l’onda lunga, accarezzati nella seconda metà degli anni 80 (il mio primo Verona consapevole è quello del 1987-88) da un recente passato glorioso e un presente già crepuscolare. Siamo stati i primi eredi, i primi a convivere con il passaparola. Allora, quantomeno, era tutto fresco, i baracchini dello stadio (oggi, da troppo tempo, morti e sepolti, spazzati via dal marketing) vendevano ancora gadget tricolore, qualche eroe scudettato giocava ancora con noi (Volpati, Di Gennaro, Fontolan, Sacchetti, nel 1988-89 Galderisi era tornato), l’aria in città era ancora influenzata da quel successo. Insomma, non abbiamo visto, ma sapevamo bene.
Noi siamo la generazione crepuscolare. Quella non del brutto, ma del bello che sfiorisce: l’eliminazione di Brema, la retrocessione di Cesena, l’addio di Bagnoli, il fallimento. Questo, credo, ci abbia sempre un po’ condizionato: fuori da ogni epica, che fosse lo scudetto, o perfino la serie C, perennemente lì nel mezzo, nel limbo, a sbiadire, calcisticamente scazzati e delusi, tra anni Novanta a lungo mediocri, né carne né pesce. Eppure siamo qui e ci siamo sempre stati. Sapevamo, nel crepuscolo, che noi del Verona eravamo comunque diversi dagli altri per quello scudetto di pochi anni addietro. Ce lo avevano raccontato i nostri padri e le nostre madri e noi non lo abbiamo mai dimenticato, nemmeno quando – molti anni dopo - hanno provato a farcelo dimenticare.
Oggi sono 35 anni da quel 12 maggio di Bergamo. Eravamo bambini che adesso abbracciano per la prima volta gli anta. Quello scudetto, per la mia generazione, è sempre rimasto pietra miliare della memoria e segno d’identità di quel che siamo: mica solo una provinciale ma qualcosa di più, come dice Volpati; club blasonato, come ricorda Tricella. Chi comanda oggi dovrebbe ricordarselo sempre, ma ancor prima dovremmo ricordarcelo noi, perché negli anni scorsi qualche cedimento c’è stato anche in una piccola parte del popolo gialloblu, quasi che qualcuno volesse sminuire o ridurre a parentesi quell’impresa nella storia dell’Hellas. Certo, i più giovani sono stati risucchiati da un’altra epica (Piacenza, l’inferno della C), eppure negli anni più difficili di Setti il tentativo in atto di qualcuno (forse solo sui social e blog dei vari siti, non lo so) era giustificare la mediocrità quasi fosse normale per la storia del Verona, come se quello scudetto fosse una parentesi e non contasse nel blasone e quindi nello standard accettabile e rispettabile da mantenere in campo e in società.
Oggi, fortunatamente, il clima è cambiato, ma è sempre meglio restare vigili e soprattutto muovere un passo decisivo nella consapevolezza di ognuno: considerare definitivamente e senza discussioni quello scudetto non solo come un ricordo, ma come un vero e proprio patrimonio di memoria, con annessi onori e oneri. Quello scudetto alza la soglia e innalza il blasone, più potente di tutto e di tutti. Il Verona, da allora, è qualcosa di oltre e di altro.
Infine: questo è il primo anniversario senza Roberto Puliero, la voce, l’anima narrativa di quello scudetto. L’ho pensato tutto il giorno e mi sono pure reso conto che la città che conta in questi mesi dalla sua morte non lo ha ricordato abbastanza. Senza di lui è un anniversario più triste, ma la sua figura risplende: Roberto è nel nostro pantheon, una perla unica che altri non hanno. Anche per questo siamo il Verona.
Francesco Barana
FONTE: Blog.Telenuovo.it
NEWS
12 maggio 2020 - 10:20 Quel giorno a Bergamo, i tifosi: “Furono lacrime di gioia: non smetteremo mai di festeggiare lo Scudetto”
Viaggio tra i cuori gialloblù. Il “Matte”: “Il momento più bello della mia vita”. Italia: “Realizzato il sogno che avevo da bambino”
di Lorenzo Fabiano, @lollofab
Sarebbe piaciuta a Pierpaolo Pasolini e alla sua visione sacrale del calcio.
È il 12 maggio del 1985, allo Stadio Azzurri d’Italia di Bergamo scorrono gli ultimi minuti di Atalanta-Verona: sotto la pioggia un uomo si erge in piedi sulle reti di recinzione che separano il campo da gioco dalla curva dove sono assiepati a migliaia i tifosi gialloblù in delirio: spalle al campo, si rivolge a loro come un predicatore soul: «Datemi un Veee-rooo-naaa! Verona! Verona!» grida e il boato esplode.
Più che un’immagine, quella è rimasta un’icona: «Il momento più bello della mia vita, sembravo un sacerdote officiante» ricorda Moreno Matteoni, o meglio «Il Matte», anima dipinta di gialloblù, uno che il Verona lo ha cominciato a seguire quando aveva sei anni col Calcio Club di San Nazaro nel cuore di Veronetta. «Io quel pomeriggio piansi – ricorda «Il Matte» – pensando agli amici che non c’erano più, a tutto quello che avevamo condiviso, perché la nostra tifoseria è prima di tutto una comunità». «Era un calcio sano, non a caso c’era quell’anno il sorteggio arbitrale, – prosegue – che puntualmente tolsero di mezzo l’anno dopo, perché un secondo “caso Verona” sarebbe stato oggettivamente troppo per il Palazzo.
«Un altro mondo, che con l’avvento dei diritti televisivi si son fiondati i manager rampanti a prenderselo. Quella del Verona, fu la meravigliosa cavalcata di una squadra che giocava meglio di tutte le altre. Fu premiata la serietà di una società sana, di un presidente come Tino Guidotti che era l’erede diretto di Saverio Garonzi, di un gruppo di giocatori che prima di tutto erano uomini veri e di un allenatore come Osvaldo Bagnoli che era avanti anni luce. Smise di allenare giovane quando capì che il calcio era cambiato e non gli apparteneva più». Lui si chiama Doriano Recchia, 67 anni fra pochi giorni, ma tutti lo chiamano Italia perchè non c’è angolo dello Stivale dove non abbia seguito il Verona: «Purtroppo non conosciamo esattamente il giorno in cui fu fondato il Verona, ma conosciamo bene la data in cui vinse lo scudetto. Lo sto ancora festeggiando dopo 35 anni; la mia è stata una generazione fortunata e vivere anni come quelli» spiega. «Si realizzò il mio sogno da bambino; i miracoli nel calcio succedono, ma quel miracolo fu programmato almeno due anni prima. Dal 1929, anno in cui nacque il girone unico, solo 12 squadre hanno vinto lo scudetto, e noi siamo una di quelle, l’unica vera provinciale».
Ai 12 Apostoli, nel cuore di Verona di Giorgio Gioco, squadra e società al completo celebrarono la cena ufficiale del tricolore: «C’erano tutti, Elkjaer e Briegel al tavolo 31 – rammenta Antonio Gioco -, Gigi Sacchetti con la farfallina gialloblù. Papà disegnò il menù con lo scudetto: per dolce servimmo una torta millefoglie con un fiocco di zucchero gialloblù. Fuori c’era il mondo, con gente arrampicata alle inferriate delle finestre». «Il Verona era di casa qui da noi – racconta Antonio – Bagnoli e Brera s’incontravano tutte le settimane al tavolo di Giulietta proprio sotto i versi di Berto Barbarani. Il Verona fu la Cenerentola che mise sotto scacco le regine del ballo. Mi vengono i brividi a risentire la voce di Roberto Puliero al gol di Elkjaer a Bergamo. Fu un grido liberatorio».
“A day in life” avrebbero cantato i Beatles.
NEWS
12 maggio 2020 - 08:29 Verona campione: 12 maggio, il compleanno della più bella poesia del calcio
Dal 1985 a oggi, lo scudetto dell’Hellas continua a essere un racconto meraviglioso
di Redazione Hellas1903
Oggi sono trentacinque.
Compie gli anni lo scudetto del Verona. Giorno che rappresenta la realizzazione di un sogno che non si pensava neppure di poter sognare. L’1-1 di Bergamo, il gol all’Atalanta di Preben Elkjaer per pareggiare la rete di Perico. I 15mila allo stadio Comunale. La gioia inebriata di una città.
Chi c’era sa, chi non era ancora nato è come se ci fosse stato, con il cuore, per i ricordi narrati, per le emozioni che sono state trasmesse.
Si potrebbero scrivere pagine e pagine, sempre e ancora, su quel 12 maggio 1985. La cosa più bella è sapere che cos’è stato lo scudetto gialloblù, che cosa continuerà ad essere per sempre: la più bella poesia del calcio.
Tanti auguri per l’eternità.
FONTE: Hellas1903.it
COVID 19: ANCORA MOLTI OSTACOLI MA LEGA E FIGC NON SI RASSEGNANO La ripresa della serie A è sempre più lontana
13/05/2020 10:40
12 giornate di campionato da recuperare, 124 partite da giocare. Il campionato di serie A continua a sperare di poter riprendere, ma il cammino è sempre più in salita. Almeno tre gli ostacoli da superare.
Il primo è quello della responsabilità penale dei medici. Toccherebbe a loro far rispettare l'isolamento di quindici giorni e chiaramente questo ha fatto scattare le proteste della categoria, anche se per la Federcalcio un eventuale reponsabilità penale sarebbe solo delle società.
Il secondo ostacolo (questo enorme) è la quarantena di quindici giorni obbligatoria in caso di una positività riscontrata dopo il ritiro, anche per tutti i contatti ravvicinati. Significa che se in una squadra dovesse esserci un giocatore positivo, il campionato verrebbe nuovamente fermato. Qualcuno ha invocato in questo senso il modello Germania, dove a fermarsi sarebbe solo il soggetto positivo, ma come si è visto nel caso della Dinamo Dresda, dove la Sassonia ha fermato la squadra dopo che un giocatore è risultato positivo, a dettare legge in Germania sono i diversi stati federali.
Infine, terzo ostacolo, è la mancanza di un piano alternativo: le società, la Lega di A, la Figc hanno puntato tutto sulla ripresa del torneo, evitando per ora di mettersi d'accordo su un eventuale forzata chiusura del torneo. Ci sarebbe da decidere sul congelamento della classifica, sui criteri da adottare per le squadre che andranno nelle Coppe, per le retrocessioni. Ma ovviamente su questi tempi tutti procedono in ordine sparso, tirando l'acqua al proprio mulino. Intanto da lunedì 18 maggio riprenderanno gli allenamenti di gruppo. Ma senza certezze. Così la ripresa del campionato, anche per la questione diritti televisivi (Sky non ha pagato l'ultima rata) resta l'unica opzione. Anche se sempre più lontana.
COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO Isolamento squadre 15 gg prima ripresa campionato
13/05/2020 10:08
Le squadre e i membri degli staff tecnici dovranno rimanere in isolamento per 15 giorni dal momento della ripresa degli allenamenti di gruppo. Sarebbe questa, secondo l'ANSA, una delle indicazioni rivolta dal Cts al mondo del calcio per la ripresa del campionato. Secondo i tecnici, solo dopo due settimane di isolamento delle squadre, sarà possibile valutare la possibile ripresa delle partite, ovviamente a porte chiuse.
L'ANNIVERSARIO 35 ANNI FA ERAVAMO I CAMPIONI D'ITALIA
12/05/2020 08:02
Trentacinque anni fa, il 12 maggio 1985, il Verona di Osvaldo Bagnoli, pareggiando 1-1 sul campo dell'Atalanta a Bergamo vinse il suo primo, storico, scudetto.
Un trionfo di una squadra meravigliosa, frutto del sapiente lavoro di Osvaldo Bagnoli e di dirigenti capaci e lungimiranti.
Quel Verona non era una meteora perchè aveva già costruito vittorie e successi nei campionati precedenti. Un ciclo che era iniziato in serie B, proprio con Bagnoli alla guida.
Sono passati 35 anni ma quel Verona resta nella memoria del calcio mondiale come la prima squadra provinciale ad aver vinto uno scudetto in un campionato come quello italiano dove in quegli anni giocavano i più forti campioni di tutto il mondo.
FONTE: TGGialloBlu.it
TMWNEWS Il calcio e il rigido protocollo. 35 anni dal miracolo Verona
12/5 ALLE 20:00 SERIE A
di LORENZO MARUCCI
Il calcio e le rigide regole per ripartire. Se ne parla nel corso del TMW News di oggi, sottolineando le difficoltà per riprendere di fronte alle ultime norme inidcate dal Comitato Tecnico Scientifico. Si parla anche di mercato (occhi puntati sul possibile ritorno di Cancelo all'Inter) e poi si rievoca lo storico scudetto del Verona, che arrivò esattamente trentacinque anni fa. Spazio anche al 'compleanno' del Foggia, che oggi ha tagliato il traguardo dei cento anni. Per celebrarlo avremo in collegamento Pasquale Padalino, uno dei protagonisti della squadra costruita da Zeman.
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FONTE: TuttoMercatoWeb.com
12.5.2020 L’onore di Matarrese «L’Hellas era unico Titolo strameritato»
Antonio Matarrese a destra consegna insieme a Sordillo e Nizzola la Coppa Scudetto a Guidotti FOTOEXPRESS
L’onorevole Antonio Matarrese è stata una delle figure più importanti nel mondo del calcio italiano, almeno degli ultimi quarant’anni. Dottore in economia e commercio e politico di razza. Uomo potente della Democrazia Cristiana e per ben quattro legislature parlamentare. Il fratello Vincenzo, è stato a lungo presidente del Bari. Antonio Matarrese era presidente della Lega Calcio quando nel 1985 consegnò la Coppa di Campione d’Italia nelle mani di Celestino Guidotti del Verona. Una foto storica insieme al presidente uscente della Figc Sordillo e a Nizzola che poi avrebbe preso il posto del numero uno degli azzurri al Mundial vinto in Spagna.
GRANDE CLUB. «Mi fa molto piacere parlare del Verona» esordisce il Senatore Antonio Matarrese. «Ho avuto dei rapporti splendidi in quegl’anni con Tino Guidotti. Era un omone dagli occhi buoni e la battuta facile. Sempre un signore nelle questioni delicate dell’assemblea di Lega. E poi c’era Chiampan col fratello. Nando, se non ricordo male, era sempre un passo dietro. Era un ottimo capitano di impresa, dirigeva la Canon, non un’aziendina qualsiasi. Era un bel mix di persone». Con Guidotti il rapporto proseguì anche con Italia ’90. Matarrese si vide anche sul lago di Garda nella casa del presidente gialloblù.
PROFESSOR BARBIERI. «Guardi», racconta Matarrese, «Verona in qualche modo fa parte della mia vita. Perché? «Ho preparato la tesi in storia economica col professor Gino Barbieri, che abitava in via Dietro Listone a due passi dall’Arena». Matarrese, ottant’anni il prossimo luglio, dimostra grande memoria. «Pensi, partivo in macchina da Bari, viaggiando anche di notte ed entravo in quella casa museo. Ricordo in ingresso una grande foto di Barbieri con Amintore Fanfani».
«ORGOGLIOSO DELL’HELLAS». Antonio Matarrese torna a quei giorni. «Sono orgoglioso di quella vittoria, quasi un premio per me» racconta, «ancora oggi perchè andava contro i luoghi comuni dell’epoca che lo scudetto lo vincevano solo le grandi. Ed invece fece bene alla mia presidenza e a tutto il calcio italiano. Ci furono quello della Roma, del Verona, del Napoli e della Samp nello spazio di dieci anni, se non ricordo male. Se farebbe bene al calcio italiano che vincesse lo scudetto una piccola oppure una squadra come l’Atalanta? Lo migliorerebbe, questo sì». E la squadra e mister Bagnoli? «Ah, Bagnoli» Matarrese fa una pausa, «grande figura. Che gioco che aveva quella squadra. Ha perso solo nel fango di Avellino, dai ma ha battuto la Juve, la Roma e le altre. Adesso non ricordo. Però il mister era una bella figura ma tutto il club era solido e ben composto. I problemi arrivarono dopo nel ’90. Guardi quello fu uno scudetto di grande prestigio per il calcio italiano. Ricordo quando si andava alla riunioni all’estero tutti ci chiedevano del Verona. E poi sa» prosegue l’ex presidente anche della Figc, «quel club per merito di dirigenti, tecnici e giocatore era umile. Mai un’alzata di testa, mai una polemica sterile. Guardi che quell’anno avevamo tutti i maggior campioni in Italia. C’erano gli occhi del mondo sul nostro Paese». Il presidente Antonio Matarrese ammette si seguire meno il calcio ma di essere ancora appassionato. «Buon Verona quest’anno» conclude, «peccato per quello che stiamo vivendo. Vi auguro tanta fortuna e grazie...». Ecco, giusto per far capire la grandezza, sia piaciuto o meno, del personaggio rispetto a quello che oggi passa il convento. •
Gianluca Tavellin
FONTE: LArena.it
Maranello 12 maggio 2020
La Scuderia Ferrari Mission Winnow e Sebastian Vettel comunicano la decisione di non prolungare il rapporto di collaborazione tecnico-sportiva oltre la sua naturale scadenza, prevista al termine della stagione sportiva 2020.
Mattia Binotto, Managing Director Gestione Sportiva e Team Principal
“Abbiamo preso questa decisione insieme a Sebastian e riteniamo che sia la miglior soluzione per entrambe le parti. Non è stato un passo facile da compiere, considerato il valore di Sebastian, come pilota e come persona. Non c’è stato un motivo specifico che ha determinato questa decisione bensì la comune e amichevole constatazione che è arrivato il momento di proseguire il nostro cammino su strade diverse per inseguire i nostri rispettivi obiettivi.
Sebastian è già entrato nella storia della Scuderia – con 14 Gran Premi conquistati è il terzo pilota più vittorioso ed è già quello che ha ottenuto il maggior numero di punti iridati – e nelle cinque stagioni fin qui disputate con noi è salito tre volte sul podio del Campionato Piloti, contribuendo in maniera decisiva alla costante presenza della squadra tra le prime tre della classifica Costruttori.
A nome di tutta la Ferrari voglio ringraziare Sebastian per la sua grande professionalità e l’umanità dimostrate in questi cinque anni, nei quali abbiamo condiviso tanti momenti importanti. Insieme non siamo ancora riusciti a vincere un titolo iridato che per lui sarebbe il quinto ma siamo convinti che in questa anomala stagione 2020 riusciremo a toglierci ancora tante soddisfazioni”.
Sebastian Vettel #5
“Il mio rapporto con la Scuderia Ferrari terminerà alla fine del 2020. In questo sport per riuscire ad ottenere il massimo bisogna essere in perfetta sintonia ed io e la squadra abbiamo realizzato che non esiste più una volontà comune di proseguire insieme oltre la fine di questo campionato. In questa comune decisione non entrano in alcun modo in gioco aspetti economici: non è il mio modo di ragionare quando si fanno certe scelte e non lo sarà mai.
Quello che è accaduto in questi ultimi mesi ha portato tanti di noi a fare delle riflessioni su quelle che sono davvero le priorità della vita: c’è bisogno di immaginazione e di avere un nuovo approccio a una situazione che è mutata. Io stesso mi prenderò il tempo necessario per riflettere su cosa sia realmente essenziale per il mio futuro.
La Scuderia Ferrari ha un posto speciale nella Formula 1 e le auguro tutto il successo che merita. Infine, voglio ringraziare tutta la famiglia Ferrari e, soprattutto, i suoi tifosi sparsi in tutto il mondo per il sostegno che mi hanno dato in questi anni.
Il mio immediato obiettivo sarà quello di chiudere nella miglior maniera possibile questa lunga storia con la Ferrari cercando di condividere insieme ancora dei bei momenti, come i tanti già vissuti in passato”.
FONTE: Ferrari.com
Contro il razzismo. Diciamolo insieme, diciamolo ovunque: #KeepRacismOut
#VeronaInter Zanetti
Fiorentina 3-1 Verona highlights
8 aprile 2023: un compleanno indimenticabile
Prossima partita
Sabato 23 Novembre ore 15:00 (DAZN)
VS
Serie A 13ª Giornata
Classifica
Serie A 2024-2025
Napoli
25
Inter
24
Atalanta
22
Fiorentina
22
Lazio
22
Juventus
21
Milan *
17
Udinese
16
Bologna *
15
Torino
14
Empoli
14
Roma
13
Hellas Verona
12
Parma
9
Como
9
Cagliari
9
Genoa
9
Monza
8
Venezia
8
Lecce
8
* Milan e Bologna una partita in meno
Ultima partita
Domenica 10 Novembre ore 15:00 (DAZN)
3-1
Serie A 12ª Giornata
Potevo tifare mille squadre, o magari quelle che tifano tutti. E invece tu mi hai fatto gialloblù.