LA TELEFONATA...
Campionato di Serie A 1973-1974 l'HELLAS, invischiato nella lotta per non retrocedere a cinque giornate dal termine, il 21 Aprile gioca al 'Bentegodi' una gara fondamentale in chiave salvezza contro il NAPOLI di VINICIO.
Il presidente scaligero Saverio GARONZI, avendo buoni 'agganci' in FIAT e conoscendo il desiderio del centravanti brasiliano degli azzurri (già in forza al 'suo' VERONA qualche stagione prima e poi passato ai partenopei via FIORENTINA) Sergio detto 'Il Gringo' CLERICI di aprire una concessionaria nel suo paese al termine della carriera, telefona all'attaccante sudamericano nel Venerdì che precede la partita promettendogli la sua 'intercessione' con la fabbrica di Torino.
Non si sa bene come, la telefonata arriva alle orecchie di un quotidiano napoletano che la diffonde prontamente e, da questo punto in poi, la 'frittata' sembra fatta (anche se, come vedremo poi, è tutt'altro che limitata al contesto VERONA-NAPOLI che per la cronaca finì 1 a 0 in favore dei gialloblù):
- La Procura Federale convoca prima CLERICI, che ammette il fatto, poi GARONZI che in un primo momento nega, attirandosi sospetti ulteriori, poi è costretto ad ammettere che «Sì... L'ho chiamato ma non per corromperlo... Solo per 'salutarlo' in nome dei vecchi tempi»
- In un primo momento il Capo dell’Ufficio Inchieste Corrado De Biase sembra credere al sudamericano che giura e spergiura sulla sua buona fede ed assicura che mai e poi mai ha avuto la sensazione che si volesse corromperlo dato che in quella telefonata l'argomento calcio non fu menzionato per niente...
Il calciatore è stimato, corretto e gode di buona reputazione nell'ambiente ma i giornali insistono e comincia a circolare la voce che a CLERICI sia stato chiesto (da uno sconosciuto) di giocare alla morte contro il FOGGIA e di risparmiare l'ardore agonistico con l'HELLAS (d'altronde poco prima NAPOLI-FOGGIA era finita 1 a 1 proprio con gol del 'gringo') - Della faccenda pare poter approfittare il FOGGIA che, arrivati a fine campionato un punto sotto agli scaligeri e quindi retrocessi in cadetteria con SAMPDORIA e GENOA, possono a buon conto chiedere di sopravanzare i veronesi e guadagnarsi la permanenza in Serie A a colpi di carta bollata
- Ma il colpo di scena è in agguato: uno vero e proprio scoop della 'Gazzetta Dello Sport' rivela che all'ultima giornata, in occasione di FOGGIA-MILAN del 19 Maggio, all'arbitro Menicucci da parte del segretario del FOGGIA sig. AFFALATO sarebbero stati offerti tre orologi (uno per sé del valore di 7/800mila lire ed altri due destinati ai guardalinee) per arbitrare in maniera 'clemente' verso la squadra di casa (il tutto è riportato dal referto della 'giacchetta nera' che rifiuta categoricamente la combine).
Il presidente FESCE, patròn dei 'satanelli, s'indigna: «Smentisco nella maniera più categorica la notizia, che getta solo discredito e fango sul buon nome dell'Unione Sportiva Foggia e dell'intera cittadinanza. La società ha deciso di sporgere querela nei confronti di chi ha propagato tale notizia diffamatoria. Sembra davvero troppo, per un club già punito da una dura retrocessione»', ma ormai 'il re è nudo' ed il rapporto dell'arbitro sembra inoppugnabile - Che fare a questo punto? È chiaro VERONA e FOGGIA vanno punite ma come salvare 'capra&cavoli' visto che retrocedendo gli scaligeri si finirebbe per premiare i foggiani colpevoli di tentata corruzione come i loro colleghi?
Idea! 3 punti di penalizzazione ad entrambe le compagini da scontarsi nel successivo campionato di Serie A per l'HELLAS e di Serie B per i pugliesi... - Tutti felici e contenti dunque? Ma nemmeno per idea perchè a questo punto saltano fuori (giustamente) i dirigenti della SAMPDORIA che chiedono di subentrare nella massima serie a VERONA e FOGGIA dato il loro comportamento: visto che i gialloblù c'hanno provato con CLERICI ed i rossoneri con Menicucci, perchè non premiate noi arrivati dietro ad entrambi ma 'puliti' fino a prova contraria?
E così fu con la SAMPDORIA a godere fra i due litiganti, retrocessione diretta per la squadra di GARONZI (e sua squalifica di tre anni) e sei punti da scontarsi nel campionato appena concluso di Serie A più tre punti da pagarsi nel campionato cadetto per i 'satanelli' (retrocessi una seconda volta) con il segretario AFFALATO squalificato per tre anni ...
Questa la classifica finale della Serie A 1973-1974 | ||
1 | Lazio | 43 |
2 | Juventus | 41 |
3 | Napoli | 36 |
4 | Inter | 35 |
5 | Torino | 34 |
6 | Fiorentina | 33 |
7 | Milan | 30 |
8 | Roma | 29 |
9 | Bologna | 29 |
10 | Cagliari | 28 |
11 | Cesena | 27 |
12 | Lane Rossi Vicenza | 26 |
13 | Hellas Verona | 25* |
14 | Foggia | 24* |
15 | Sampdoria | 20 |
16 | Genoa | 17 |
VERONA retrocesso d'ufficio, FOGGIA -6 in questa classifica e -3 nella prossima stagione in Serie B |
Per ulteriori particolari invito gli interessati a leggere la 'ricca' rassegna stampa in allegato.
Ringrazio tutte le fonti da cui ho 'pescato' informazioni per questo post
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RASSEGNA STAMPA
Scandalo della telefonata
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Per Scandalo della telefonata s'intende un caso di illecito sportivo avvenuto in Italia nel 1974, in cui erano coinvolti Saverio Garonzi (presidente del Verona), Sergio Clerici (giocatore del Napoli ed ex-veronese), Sergio Affalato (segretario del Foggia) e l'arbitro fiorentino Gino Menicucci.
Vicenda
Al termine della gara tra Verona e Napoli, vinta 1-0 dai veneti il 21 aprile 1974, un giornale napoletano riportò la notizia di una telefonata tra il presidente del Verona Garonzi ed il calciatore brasiliano Clerici, all'epoca centravanti napoletano con un passato in gialloblù, in cui il massimo dirigente scaligero avrebbe promesso al calciatore di aiutarlo ad aprire una concessionaria FIAT al suo rientro in patria, a fine carriera.
In seguito a questo articolo, i dirigenti del Foggia si recarono all'Ufficio Inchieste della FIGC per ottenere l'apertura di un'indagine al fine di aver diritto al ripescaggio in serie A (a fine campionato il Verona si salvò ed il Foggia retrocesse in serie B assieme a Sampdoria e Genoa).
Il presidente gialloblù, una volta convocato dalla Procura Federale, inizialmente negò l'esistenza di quella telefonata, ma successivamente il giocatore Clerici confermò che quella conversazione telefonica, in effetti, era avvenuta.
A quel punto Garonzi ammise di aver parlato. Per la Giustizia Sportiva la negazione del dirigente al primo interrogatorio ed il contenuto della conversazione furono sufficienti per decretare la retrocessione del Verona e riammettere in serie A il Foggia.
Successivamente fu proprio il Foggia ad essere protagonista in negativo della seconda parte dello scandalo. All'ultima giornata, infatti, era in programma Foggia-Milan e, prima della gara, il segretario pugliese Affalato cercò di corrompere il direttore di gara, il fiorentino Gino Menicucci, ed i due guardalinee regalando loro tre orologi. Menicucci rifiutò sdegnato e raccontò tutto all'Ufficio Inchieste prima e al Giudice sportivo poi.
Al termine del processo di primo grado il Verona venne penalizzato di 3 punti, che avrebbe dovuto scontare nel Campionato di 1974-1975, il Foggia invece fu penalizzato di 3 punti, da scontare in serie B l'anno successivo.
A quel punto fece ricorso la Sampdoria, penultima in classifica, affermando che il Verona doveva scendere in serie B per aver commesso illecito sportivo ed il Foggia doveva essere penalizzato in quel campionato con conseguente ripescaggio dei doriani.
Sentenza CAF
In séguito alle richieste della Sampdoria, questa fu la sentenza inappellabile della CAF al termine del procedimento sportivo-disciplinare:
- Società
Verona: retrocessione in Serie B.
Foggia: 6 punti di penalizzazione nel Campionato di Serie A 1973-1974, 3 punti di penalizzazione nel Campionato di Serie B 1974-1975.
- Dirigenti
Saverio Garonzi (presidente Verona): 3 anni di squalifica.
Sergio Affalato (segretario Foggia): 3 anni di squalifica.
FONTE: Wikipedia.org
Il presidente Garonzi con Emiliano Mascetti ed il cantante 'Dino'
1974: il Verona retrocede per una telefonata di troppo
- Una telefonata cara
Due campionati in uno, succede anche questo. Estate del '74: la stagione "regolare" è finita da un pezzo, quando comincia il crudele torneo delle carte bollate, delle denunce e delle confessioni. Un altro torneo, sul tutti contro tutti con sfide a eliminazione diretta.
E' il Foggia, retrocesso sul campo insieme a Sampdoria e Genoa, a dare il calcio d'inizio. Basta spedire all'Ufficio Indagini la copia di un articolo apparso su un quotidiano napoletano: nel pezzo si accenna a una telefonata sospetta che il presidente del Verona, Garonzi, avrebbe fatto al suo ex calciatore Clerici, ora in forza al Napoli, proprio alla vigilia del match tra i veneti e i campani. Partita che si era giocata il 21 aprile - era la quintultima giornata - e che si era conclusa con la vittoria del Verona per 1-0. Due punti pesantissimi che alla fine avevano consentito ai gialloblù di sopravanzare (25 a 24) proprio il Foggia, terzultimo.
Già, ma cosa si erano detti Garonzi e Clerici durante l'inopportuna conversazione? Gringo non ha problemi a raccontare tutto per filo e per segno: "E' stata solo una telefonata tra vecchi amici. Garonzi sa che a fine carriera mi piacerebbe tornare in Brasile e mi ha promesso un interessamento per aiutarmi ad aprire una concessionaria Fiat".
Che l'idea al presidente fosse venuta proprio alla vigilia di Verona-Napoli, per Clerici evidentemente era un particolare secondario. Garonzi però deve avere la coscienza meno tranquilla, se è vero che al primo interrogatorio nega tutto: "Clerici? E' una vita che non lo sento".
Posizione difficile da sostenere, vista l'ammissione del giocatore. E infatti, al secondo interrogatorio il presidente corregge il tiro: "Sì, gli ho telefonato, ma non avevo nessuna intenzione di corromperlo". Peccato che agli inquirenti le intenzioni interessino il giusto: la telefonata c'è stata e fare certe promesse a un giocatore avversario pochi giorni prima della partita non è fatto catalogabile tra le coincidenze sfortunate. Il destino del Verona è segnato: È il Foggia a vincere la prima partita del torneo dei tribunali.
- Un dono ingombrante
Ma il "campionato" è ancora lungo e nessuno può prevedere l'ingresso in scena dell'arbitro Menicucci di Firenze.
Menicucci ha diretto la partita Foggia-Milan in programma all'ultima giornata. E nel referto ha scritto di essere stato avvicinato, prima del match, dal segretario del Foggia, Affatato, che gli avrebbe offerto in dono tre orologi, col consiglio di nasconderli onde evitare di essere intercettato dall'ispettore dell'Ufficio Inchieste.
L'arbitro non tralascia alcun particolare. Il più prezioso dei tre orologi era quello destinato allo stesso Menicucci: i guardialinee si sarebbero accontentati.
Ora è la società pugliese ad essere inguaiata. La difesa? Ardua. Il Foggia ci prova comunque, dicendo che tutto era stato fatto alla luce del sole e che il dono voleva essere soltanto un gesto di cortesia, ma è chiaro a tutti che l'arrampicata sugli specchi non porterà a nulla.
Il problema che si presenta la giudice è un altro: la retrocessione del Verona favorirebbe proprio il Foggia e la cosa chiaramente è da evitare.
Soluzione: la società veneta non viene retrocessa, ma punita con tre punti di penalizzazione da scontare nel campionato successivo; anche il Foggia, retrocesso sul campo, partirà da meno tre nel torneo di B; Garonzi e Affatato sono inbiti per tre anni.
Finita? Neanche per idea. Perchè, quando il caso approda alla corte d'appello, sbuca il terzo incomodo. Che sarebbe poi la Sampdoria, arrivata penultima in campionato.
Se il Verona - fanno notare da Genova - ha commesso un illecito, deve pagare con la retrocessione. E se il Foggia non può essere ripescato l'onore tocca a noi. Pretesa legittima, secondo i giudici. E allora vai con l'ultimo giro di valzer: il Verona viene retrocesso all'ultimo posto, il Foggia penalizzato di sei punti, scende da 24 a 18. E la Samp, che aveva chiuso a venti, viene ripescata. E' suo lo scudetto dei tribunali.
FONTE: HellaStory.net
grandimisteri
L'incredibile doppio illecito di Verona e Foggia che macchiò di giallo intenso il post-campionato 1973/74. Tra telefonate e orologi, gli illeciti degli anni 70 fanno sorridere se paragonati a quelli dei nostri tempi...
Verona e Foggia 1973/74: QUELL'IRRESISTIBILE SAPORE DI ILLECITO
Piccole e mai del tutto chiarite storie di malaffare calcistico nella sonnolenta provincia calcistica degli anni 70
GLI OROLOGI DI FESCE
Sembrava finito regolarmente, il campionato 1973-74, con la retrocessione di Foggia, Sampdoria e Genoa, le squadre finite agli ultimi tre posti in classifica. Senonché, il 20 maggio la Gazzetta dello Sport usci con un trafiletto a dir poco curioso: secondo una voce, prima dell'inizio della partita col Milan del 19 maggio, ultima di campionato, i dirigenti del Foggia avevano offerto all'arbitro Menicucci di Firenze un orologio del valore di 7-800 mila lire. L'arbitro aveva rifiutato sdegnosamente il dono e, indignato per il gesto, aveva minacciato di riferire nel suo rapporto l'accaduto.
Il presidente foggiano, Antonio Fesce, prese cappello: «Smentisco nella maniera più categorica la notizia, che getta solo discredito e fango sul buon nome dell'Unione Sportiva Foggia e dell'intera cittadinanza. La società ha deciso di sporgere querela nei confronti di chi ha propagato tale notizia diffamatoria. Sembra davvero troppo, per un club già punito da una dura retrocessione».
VERONA RISPONDE
Pochi giorni dopo, il 25 maggio, sui quotidiani sportivi appariva un'altra indiscrezione, secondo cui il capo dell'ufficio inchieste della Figc, De Biase, sarebbe stato impegnalo ad accertare i fatti relativi a un tentativo di corruzione: Sergio Clerici, centravanti brasiliano del Napoli ed ex del Verona, sarebbe stato avvicinato da persona sconosciuta che gli avrebbe chiesto di impegnarsi al massimo contro il Foggia e di... sonnecchiare invece contro il Verona. Va ricordato che il Foggia aveva pareggiato a Napoli 1-1 (con rete di Clerici), mentre il Verona aveva ballato i partenopei per 1-0. Le indiscrezioni aggiungevano che Clerici non solo aveva respinto la proposta, ma aveva provveduto a denunciare il tutto all'ufficio inchieste tramite il Napoli.
Le due vicende erano solo all'inizio e destinate a intrecciarsi, montando il caso dell'estate.
IL FOGGIA E' SALVO. ANZI NO
La vicenda però non si chiuse qui. Della retrocessione gialloblù avrebbe beneficiato il Foggia, che tuttavia scivolò sulla vicenda degli orologi. Quello della "Gazzetta dello Sport" era stato infatti un vero proprio scoop. Menicucci, nel referto sulla partita Foggia-Milan del 19 maggio scrisse di aver ricevuto prima della partila dal segretario del Foggia, Affatato, l'offerta dell'omaggio di tre orologi (di cui almeno uno di grande valore) per la terna arbitrale, con l'avvertenza di nasconderli per evitare che se ne accorgesse il rappresentante dell'Ufficio inchieste, che si mobilitava negli ultimi turni nelle partite "a rischio".La terna aveva declinato l'offerta, reiterata peraltro a fine gara, il Foggia adottò una linea difensiva quasi obbligata: non c'era niente di malizioso nell'iniziativa, tanto che al momento dell'offerta la porta dello spogliatoio era aperta: e quanto al consiglio di nascondere gli orologi, era stato dato in via amichevole, causa la circolare della Federcalcio che vietava i regali ai direttori di gara.
La linea ovviamente non resse. Foggia e Verona andarono in fibrillazione in attesa della sentenza sul due casi, che avrebbe dovuto muoversi con funambolico equilibrio per non avvantaggiare con la condanna dell'una l'altra colpevole.ingigantendo i sospetti. Messo di fronte alla deposizione del giocatore, in un secondo momento il presidente del Verona ammise il colloquio, escludendo pero la benché minima intenzione di "ammorbidire" l'impegno di Clerici per la partita. Niente da fare: per gli inquirenti l'intenzione, quant'anche non palesata, era già nei fatti, cioè nel tenore e nel contenuto della conversazione telefonica. Tanto più che poi il Verona aveva effettivamente vinto la partita col Napoli. Il Verona, insomma, doveva cadere in B.
TRA VERONA E FOGGIA FA FESTA LA SAMPDORIA
Alla fine il Verona non venne retrocesso, per non favorire il Foggia, ma si ritrovò con tre punti di penaliz-zazione da scontare nella stagione successiva. Garonzi e Affatato vennero inibiti per tre anni, mentre al presidente Fesce venivano inflitti solo tre mesi di squalifica, essendosi accertato che il suo incarico prevedeva la consegna degli omaggi solo dopo la fine della partila, una sentenza che sollevava pesanti perplessità. Infatti il caso era tutt'altro che chiuso. Nel giudizio di appello presso la Corte d'Appello federale si inserì anche la Sampdoria. titolare di un interesse legittimo, come si dice in diritto amministrativo, a una eventuale retrocessione del Verona, che ne avrebbe provocato il ripescaggio in A. L'intervento fu vincente. Il Verona venne retrocesso all'ultimo posto in classifica, mentre il Foggia venne penalizzalo di sei punti, così da scendere sotto la Sampdoria che a quel punto tornava in Serie A.
FONTE: StorieDiCalcio.Altervista.org
Una formazione dell'Hellas '73-'74
Amarcord
LO SCANDALO DELLE TELEFONATE E DEGLI OROLOGI
Il nostro viaggio nel marcio della storia del calcio prosegue rivivendo partite vendute per orologi e concessionarie
7/31/2006
Continua la nostra carrellata sulle vicende che diedero luogo ad interventi e penalità della Giustizia sportiva. Sergio Clerici, poderoso attaccante azzurro del ruggente biennio Viniciano ’73-‘75, da tempo aveva espresso il desiderio di avere una concessionaria Fiat in Brasile una volta smessa l’attività. Qualche anno prima, quando indossava la maglia del Verona, il suo Presidente Garonzi, funambolico personaggio del calcio italiano degli anni ’60-’70 in buoni uffici con la Fiat, gli aveva promesso il massimo interessamento possibile. Nel frattempo Clerici era passato prima alla Fiorentina e poi per l’appunto al Napoli.
Il 21.04.1974 è in programma Verona – Napoli, con i Veneti in corsa per non retrocedere e gli Azzurri stabilmente piazzati in alta classifica. Il venerdì precedente l’incontro, Garonzi telefona a Clerici chiedendogli se è sempre vivo in lui l’interesse verso l’acquisizione in futuro della già citata concessionaria, tornando a promettergli (come qualche anno prima) tutto l’interessamento possibile per aiutarlo a superare gli intoppi burocratici di rito quando sarà il momento. Il Verona vincerà l’incontro per 1-0. Interrogato qualche tempo dopo da Corrado De Biase, severo e temutissimo Capo dell’Ufficio Inchieste, Clerici assicura di non aver assolutamente percepito la sensazione di eventuali tentativi di condizionamento tentati dal suo ex-Presidente, giacchè, nel colloquio intercorso, l’argomento calcio non venne minimamente sfiorato. De Biase si convince della buona fede del brasiliano, tanto che non verrà neanche rinviato a giudizio, e questo la dice lunga sulla stima goduta, a giusta ragione, da Clerici in tutto il mondo del calcio.
Andrà diversamente per Garonzi e per il Verona, che a fine stagione si salvò sul campo. Come si era arrivati al via dell’inchiesta? Il Foggia, prendendo spunto da un articolo apparso sul “Mattino” in cui si parlava della telefonata sovracitata, inviò copia del “pezzo” alla Federazione. Come già detto, la posizione del Verona si complicò immediatamente, causa il diniego iniziale di Garonzi di ammettere di aver effettuato la telefonata a Clerici. Smentito clamorosamente da Clerici, evidentemente convinto dal proprio legale, in un secondo momento “Don Saverio” ammette di aver parlato a mezzo filo con “El Gringo”. Per De Biase, anche se riconosce che il colloquio telefonico potrà anche essere stato privo di argomenti calcistici, i propositi di Garonzi erano quelli di riuscire a condizionare a proprio favore Clerici, altrimenti perché chiamarlo proprio due giorni prima l’incontro? Insomma per il Capo dell’Ufficio inchieste, esisteva un evidente tentativo di illecito “mascherato” che, in un primo momento, causerà ai Gialloblù Veneti una penalizzazione di 3 punti da scontarsi nel Campionato di A 1974-75. La sentenza però fu modificata in peggio dal CAF che accolse in pieno le richieste del P.M. in primo grado retrocedendo il Verona all’ultimo posto in classifica per la stagione 1973-74, con successiva conseguente partecipazione al Campionato di B per il 1974-75. Dura la condanna anche per Garonzi: 3 anni di inibizione
Come già detto, l’inchiesta partì da una denuncia effettuata dal Foggia calcio, militante anch’esso in serie A per la stagione 1973-74. Il diavolo però, fa le pentole ma non i coperchi, ed anche i “Satanelli” pugliesi rimasero beffardamente coinvolti in un caso di illecito andato a vuoto. Foggia–Milan prevista per l’ultimo turno della stagione 1973-74 esattamente il 19 maggio 1974, con i Pugliesi in piena lotta per non retrocedere, vive in un atteso fuori programma prima dell’inizio del match. Giuseppe Affatato, segretario del club Dauno, porge all’arbitro Menicucci di Firenze (sì proprio quello che litigava con Maurizio Mosca al “processo” di Biscardi) ed ai suoi accompagnatori a titolo di omaggio tre orologi, offerta garbatamente rifiutata dai Direttori di gara, anche dopo la fine della partita vinta del Milan per 2-1, che sancì la retrocessione fra i “cadetti” del club Pugliese.
Il Foggia decide di intraprendere la strada di una difesa agguerrita, avvalendosi della collaborazione di un supertecnico della materia, l’Avv. Angelini, in passato Capo degli Inquisitori della F.I.G.C.. La difesa poggiò le sue basi considerando che:
- a) la porta dello spogliatoio arbitrale era aperta a tutti ed inoltre il Foggia calcio era a conoscenza della presenza di uno “007” dell’Ufficio Inchieste;
- b) il valore degli orologi era relativo, quindi non idoneo a far cadere in tentazione neanche un uomo particolarmente venale;
- c) considerando l’inchiesta sul Verona ancora in corso, più tutto il resto, la difesa concluse la sua arringa difensiva rilevando che sarebbe stato da stupidi rischiare un’eventuale salvezza a tavolino. In primo grado, il Foggia sarà condannato a scontare una penalizzazione di 3 punti per il campionato di “B”, 1974-75. La C.A.F. muta invece la sanzione con 6 punti di penalità da scontarsi però nel Campionato di “A” appena concluso, cosicchè con la retrocessione a tavolino del Verona, i Pugliesi non si sarebbero, comunque, avvantaggiati. Alla fine, tutto questo can-can porterà benefici solo alla Sampdoria, squadra notoriamente avvezza a salvezze in foto-finish conquistate in serie A, prodezza non riuscita però in quel 1973-74, che vide i doriani classificarsi al penultimo posto, appena 3 punti più su dei “cugini” del Genoa, piazzatisi in ultima posizione. Quello che non riuscì a fare in campo, lo fece la giustizia sportiva, e Lippi (proprio l’ex C.T.) e C. si trovarono ancora in “A” per il 1974-75. Fra i due litiganti, il terzo gode …….
FONTE: PianetaNapoli.it
MARTEDÌ, 18 LUGLIO 2006
SPIRITO DI SQUADRA
Tifo Hellas Verona. Da quando ero bambino, e mi emozionavo per Zigoni, Luppi, Mascetti, Superchi, Maddè, Busatta…
Quante domeniche sugli spalti, la spola fra la B e la A. E poi lo scudetto. A Verona. Roba che, fatte le dovute proporzioni, il campionato del mondo vinto in Germania è una bazzecola.
E di nuovo l’oblìo nella cadetteria, e nessuna prospettiva di risalita. Gli sberleffi dei cugini del Chiedo delle meraviglie.
Vivo di ricordi, calcisticamente parlando? E allora ricordiamo, con l’aiuto di www.indiscreto.it.
Ricordiamo la classifica finale della serie A 1973-1974: Verona 25 punti, Foggia 24, Sampdoria 20 e Genoa 17. Nel campionato a sedici squadre (che bello...) retrocedono le ultime tre.
Ma alla quintultima giornata di campionato, il Verona batte il Napoli 1-0 (gol di Luppi). Un giornale di Napoli scrive che Clerici – centravanti brasiliano del Napoli ed ex giocatore del Verona – ha ricevuto, alla vigilia, una strana telefonata da Garonzi, presidente del Verona. L’Ufficio Inchieste si mobilita e interroga Clerici. Il centravanti brasiliano, che ha 33 anni, racconta: “E’ stata una telefonata tra vecchi amici. Il presidente sa che a fine carriera mi piacerebbe tornare in Brasile e mi ha promesso un interessamento per aiutarmi ad aprire una concessionaria Fiat”. L’Ufficio Inchieste va allora da Garonzi che sulle prime nega tutto. “Clerici? E’ una vita che non lo vedo e non lo sento”. Poi, messo di fronte alla confessione del giocatore, il presidente del Verona corregge il tiro: “Sì, gli ho telefonato, ma non avevo nessuna intenzione di corromperlo”. Ebbene: l’aver mentito agli inquirenti federali costa caro a Garonzi e al Verona: è la dimostrazione – dicono i giudici – che le intenzioni con cui Garonzi telefonò al suo ex giocatore erano illecite. E benchè non ci siano intercettazioni a suffragare la tesi dell’accusa, e benchè lo stesso Clerici insista nel dire di non essersi mai sentito condizionato dalla telefonata ricevuta, la giustizia sportiva manda il Verona in serie B per illecito sportivo e squalifica a vita il suo presidente. Tutto per una bugia.
Foggia esulta, ma per poco, Perchè l'ultima partita dei pugliesi in quel campionato, con il Milan, entra anche lei nel mirino dell'Ufficio Inchieste, a causa di qualche orologio offerto da un uomo del presidente del Foggia all’arbitro (Menucucci) e ai guardialinee. Roba da poco valore, comunque (niente di paragonabile ai Rolex di Sensi, per intenderci), più o meno lo stesso dono che veniva abitualmente fatto ai dirigenti ospiti. Quali furono le pene? Si finì alla Corte d'Appello Federale, più conosciuta come Caf: retrocessione per il Verona, Foggia penalizzato di sei punti nella classifica 1973-74 (retrocesso in B) e di conseguenza Samp salva.
Con questo non vogliamo dire che quella giustizia fosse esemplare, anzi. Due società furono mandate in serie B sulla base di deduzioni, in un caso abbastanza fondate (Verona), nell'altro (Foggia) tirate per i capelli. Nessuna corruzione, ma solo il tentativo, blando, di ingraziarsi il centravanti avversario o l'arbitro. Cose che oggi fanno davvero sorridere, visto che avversari e arbitri vengono condizionati in maniera molto più pesante e scientifica, con la connivenza di media servili quando non addirittura di proprietà. Ma non è del merito delle vicende che vogliamo parlare, l'abbiamo già detto, quanto dell'accettazione di una sentenza. La magistratura ordinaria esisteva anche nel 1974, eppure Garonzi e Fesce presero e portarono a casa. Certo non contenti, ma consapevoli di far parte di un club con delle regole.
La giustizia sportiva non è giustizia ordinaria. E’ celere, spietata, talora approssimativa, talora sommaria. E’ un po’ ingiusta, in una parola. Ma le regole sono accettate prima della partita dai club che si iscrivono al campionato. L’articolo 6 sull’Illecito Sportivo ('Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica') prevede pene salatissime solo per tentare di salvaguardare l’integrità del giocattolo.
Chi vuole barare, lo fa a suo rischio e pericolo.
Per questo, personalmente, ritengo la prima sentenza su “Piedi puliti” buonista, se non assurda, cervellotica. Certo, dopo i Rolex d’oro, i passaporti falsi, le fidejussioni taroccate, i decreti spalmadebiti, le retrocessioni in C2 con doppia promozione in B, il caso Preziosi-Como-Genoa, ce lo si poteva aspettare.
Per il più grande reato della nostra storia sportiva una pena inferiore a quella comminata negli anni ’70 a Verona e Foggia. Si parla di interi campionati “taroccati”, si ritirano gli scudetti, e le squalifiche ai dirigenti sono solo di qualche anno, anzi c’è chi ha fatto in tempo a dimettersi, ha ritirato una lauta liquidazione e se la spassa in qualche esotica spiaggia.
Si truffa su decine di partite e si retrocede di una sola categoria, nella peggiore delle ipotesi per due anni. Si “affittano” i guardalinee e si viene penalizzati di qualche punto. E fioccano i ricorsi alla magistratura ordinaria, e le minacce di ricorsi fino alle corti europee…
Effetto “mondiali”? Via, non scherziamo. I giocatori si sono già messi sul mercato, a parte qualche comprensibile eccezione, e continueranno a giocare ai massimi livelli. Per i manager e cacciatori di campioni comincia la cuccagna.
Rimangono i tifosi, colpevoli di essere affetti da una malattia pressoché inguaribile. Per loro lacrime di coccodrillo e veementi proteste di piazza.
Prevedo consistenti sconti di pena.
E il giocattolo in frantumi.
Campioni del mondo.
postato da: vinoemirra alle ore 20:22
FONTE: VinoEMirra.Splinder.com
DOMENICA, NOVEMBRE 28, 2010
1974 - FOGGIA e VERONA: due casi paralleli
Una volta tanto saliamo sull’autobus quasi a fine corsa, quando sta per arrivare al capolinea. Una data: 1° giugno 1974. Quel giorno Corrado De Biase, Capo dell’Ufficio Inchieste della Federazione Calcio, firma due rinvii a giudizio davanti alla Commissione Disciplinare.
Il primo rinvio a giudizio riguarda:
1) Saverio Garonzi, presidente del Verona Calcio, ritenuto colpevole di illecito sportivo, Art. 2 lett. “a”, per aver compiuto atti rivolti ad alterare lo svolgimento e il risultato della partita Verona-Napoli, in quanto, nell’imminenza della partita stessa, ha promesso a un giocatore del Napoli, Clerici, il proprio interessamento per un incarico, o una concessionaria, presso la sede brasiliana della FIAT e per il superamento dei relativi ostacoli; così cercando implicitamente di condizionare il rendimento del giocatore del Napoli, ed ex del Verona, Clerici;
2) il Verona Calcio per responsabilità diretta.
Il secondo rinvio a giudizio, invece, si riferisce a:
1) Antonio Fesce, presidente del Foggia Calcio;
2) Giuseppe Affatato, segretario della stessa società;
ritenuti colpevoli di illecito sportivo, Art. 2 lett. “a”, per aver compiuto atti diretti ad alterare lo svolgimento della partita Foggia-Milan, poiché, prima della partita stessa, Affatato, su incarico del presidente Fesce, ha offerto all’arbitro Menicucci e ai suoi collaboratori Bertini e Parati tre orologi (quello destinato all’arbitro, di rilevante valore) con l’invito a nasconderli per non farli vedere al rappresentante dell’Ufficio Inchieste e potendo, così, causare un condizionamento che, tuttavia, non si è verificato avendo i tre arbitri rifiutato l’omaggio.
3) Il Foggia Calcio per responsabilità oggettiva e diretta.
I capi d’imputazione sono già sufficientemente chiari. Cerchiamo adesso di capire come andarono le cose.
Intanto è giusto ricordare alcuni dati storici, non fosse che per una esatta collocazione temporale. Quanto a Verona-Napoli, la partita si gioca il 21 aprile 1974, 26ª giornata, e vince il Verona per 1-0.
Quanto al caso-Foggia, questo riguarda la partita Foggia-Milan del 19 maggio 1974, ultima giornata di campionato e terminata sullo 0-0. In virtù di tale responso, il Foggia retrocede sul campo in Serie B. La classifica finale nelle ultime posizioni vede: Verona 25 punti; Foggia 24; Sampdoria 20; Genoa 17. Ne consegue che, sul campo, vanno in Serie B il Foggia e le due squadre genovesi.
* * *
L’inchiesta a carico del Verona prende il via da una denuncia del Foggia che trasmette alla Federcalcio un articolo apparso sul quotidiano napoletano del mattino. Nel “pezzo” si parla chiaramente di telefonate ricevute dal giocatore del Napoli (ed ex del Verona) Clerici prima, appunto, della partita Verona-Napoli.
Interrogato, Clerici assume dal primo istante una posizione cristallina e chiarissima. Intanto ammette subito la telefonata che il presidente del Verona, Garonzi, gli ha fatto il venerdi precedente la partita. Inoltre spiega che Garonzi gli ha detto di essere sempre disponibile per aiutarlo a trovare un incarico presso la FIAT in Brasile (Paese d’origine di Clerici) a carriera finita e a superare gli ostacoli insiti in un’operazione di questo genere.
Clerici aggiunge di non aver assolutamente avuto la sensazione di un condizionamento. Non è un mistero, dice ancora il giocatore, che io stia cercando una sistemazione per il mio dopo-carriera. Anzi, la cosa nasce fin da quando giocavo nel Verona. Fin da allora pensavo a una concessionaria FIAT in Brasile, dove intendo tornare una volta smesso di giocare ed è naturale che, a suo tempo, mi sia rivolto a Saverio Garonzi, mio presidente di allora, introdotto benissimo presso l’azienda di Torino. Questo, quindi, è un discorso di vecchia data che è sempre rimasto in piedi anche perché impostato in chiave assai futura. Durante il colloquio con Garonzi non abbiamo parlato di calcio né della partita Verona-Napoli. Quindi, nessun condizionamento. E nulla ho denunciato perché nulla avevo da denunciare.
Fin qui Clerici. Notiamo che nel rinvio a giudizio non compare il suo nome e già questo dice che De Biase è del tutto convinto della buona fede del calciatore. Vulgo: il giocatore ha senza dubbio parlato al telefono con il presidente veronese Garonzi, ha ascoltato nella più perfetta serenità, ma non ha avvertito assolutamente, e nemmeno percepito, che il dirigente volesse condizionarne o intralciarne le capacità professionali. Meglio così.
Diversa, invece, la posizione di Garonzi. Il dirigente veronese, in un primo momento, nega di aver parlato con Clerici e viene clamorosamente smentito dalla deposizione del giocatore. Successivamente (ed evidentemente su consiglio del proprio legale), accorgendosi dell’errore, ammette il colloquio, confermandone il contenuto che risulta sostanzialmente uguale a quello reso noto da Clerici.
E qui Garonzi inciampa nel convincimento di De Biase. Il Capo dell’Ufficio Inchieste, in parole povere, sostiene questo: il contenuto del colloquio telefonico può anche essere quello riferito e, forse, è senz’altro così. Ma questo non c’entra. Garonzi aveva propositi ben diversi. Voleva cioè condizionare Clerici precostituendogli un debito di gratitudine da pagare a breve scadenza, poco dopo, sul campo. D’altro canto, perché intavolare l’argomento alla vigilia della partita? Perché non farlo in un altro momento? Perché non aspettare almeno la fine della partita? E, sopratutto, perché negare il colloquio per poi ammetterlo? E ancora: il fatto che il tentativo sia andato a vuoto perché Clerici ha pensato a ben altro non sposta di un minimo il fatto che le intenzioni fossero... “oscene”. Al limite, Garonzi poteva essere persuaso che il giocatore si sarebbe convinto inconsciamente a mostrarsi “disponibile” e “riconoscente”, senza sapere di non aver assolutamente fatto breccia nelle intenzioni di Clerici. Ecco, quindi, che siamo davanti a un vero e proprio illecito sportivo. E con Garonzi (presidente) ci va di mezzo anche la società Verona.
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Partiamo adesso da Verona e andiamo fino a Foggia, per cercare di capire che cosa è successo nel capoluogo dauno il 19 maggio 1974, ultima giornata di campionato, in occasione della partita Foggia-Milan. Teniamo conto che, a quella data, la partita Verona-Napoli si è giocata già da un mese e la relativa inchiesta è già in corso.
Prima di Foggia-Milan, su incarico del presidente dauno Fesce, Giuseppe Affatato (segretario del Foggia) porge all’arbitro Menicucci e ai due guardalinee Bertini e Parati, a titolo d’omaggio, tre orologi. I tre arbitri rifiutano l’omaggio e Menicucci parla subito dell’episodio all’accompagnatore del Milan, Bruno Pardi. Abbiamo già ricordato che la partita finisce sullo 0-0 e che, in virtù di questo risultato, il Foggia retrocede in Serie B. L’offerta dei tre orologi viene ripetuta, e ancora rifiutata, alla fine della partita.
Accusato di illecito, il Foggia Calcio affida la propria difesa all’avvocato Dario Angelini, che in passato – come ricordiamo – è stato il Capo degli inquisitori della Federazione Calcio e che, quindi, è un supertecnico della materia. Gli argomenti addotti a difesa sono diversi. Ne ricordiamo alcuni.
Intanto, al momento dell’offerta degli orologi, la porta dello spogliatoio arbitrale era aperta e chiunque poteva vedere cosa stava accadendo. Si sapeva della presenza del rappresentante dell’Ufficio Inchieste e la frase di Affatato mirava solo a evitare le sanzioni previste da una circolare federale (che vietava gli omaggi agli arbitri) e non era assolutamente diretta a corrompere chicchessia. Oltre tutto, l’inchiesta in corso sul Verona sconsigliava di macchiarsi di un reato sportivo con il conseguente pericolo di compromettere una possibile salvezza a tavolino. Altro particolare importante è che l’arbitro Menicucci metteva piede a Foggia per la prima volta e sarebbe stato da folli avvicinare un arbitro sconosciuto con proposte che non fossero assolutamente corrette. Inoltre il valore venale degli orologi non era tale da concretare una scorrettezza, fermo restando che esistevano doni anche per i dirigenti del Milan. Insomma: una difesa agguerrita.
Vale la pena di osservare che, fra le due posizioni (quella del Verona e quella del Foggia), la più pesante è quella del Verona, accusato di aver voluto alterare svolgimento e risultato della partita Verona-Napoli, mentre per il Foggia l’accusa è di aver cercato di alterare il solo svolgimento della gara Foggia-Milan. Fra le due accuse la differenza non è né sottile né di poco conto.
Esaurito il dibattimento, ecco le richieste dell’accusa per i due casi:
a) retrocessione del Verona;
b) inibizione a vita per il presidente del Verona, Garonzi;
c) 6 punti di penalizzazione per il Foggia da scontare nel successivo campionato di appartenenza;
d) inibizione di un anno per il presidente del Foggia, Fesce e inibizione a vita per il segretario foggiano Affatato;
L’accusa, insomma, non ci va certo leggera.
* * *
Arriva la sentenza ed è senza dubbio inaspettata. Vediamo.
1) Il Verona resta in Serie A, ma nel prossimo campionato sconterà una penalizzazione di 3 punti.
2) Il Foggia retrocede in Serie B come decretato sul campo, ed è anch’esso penalizzato di 3 punti.
3) Inibizione di 3 anni per il presidente del Verona, Garonzi e per il segretario del Foggia, Affatato.
4) Inibizione di 3 mesi per il presidente del Foggia, Fesce.
Queste le motivazioni della Commissione Disciplinare.
Caso Verona. La telefonata del presidente veronese Garonzi al giocatore del Napoli (ed ex giocatore del Verona) Clerici era potenzialmente idonea a condizionare il giocatore visto che prospettava favorevoli sviluppi a proposito di quanto stava a cuore allo stesso Clerici. Il comportamento di Garonzi, quindi, poteva benissimo servire per alterare lo svolgimento della partita, tanto più se si considera che Garonzi ha rafforzato il suo dire quando ha assicurato di poter rimuovere gli ostacoli che impedivano di realizzare con auspicabile speditezza i desideri del giocatore. Che poi il condizionamento non sia avvenuto non ha alcun rilievo: il tentato illecito c’è stato ugualmente.
In conclusione, l’organo giudicante penalizza il Verona in termini di punti e irroga adeguata sanzione al presidente scaligero. Non retrocede la squadra in Serie B perché da una decisione del genere trarrebbe immediato vantaggio il Foggia, a sua volta colpevole di altro illecito sportivo.
Caso Foggia. È sicuro che il presidente della società Fesce, come ammesso fin dall’inizio, ha incaricato Affatato di consegnare gli omaggi alla terna arbitrale dopo la partita. Affatato, invece, di sua iniziativa, ha cercato di effettuare la consegna prima della gara. Quindi le due posizioni sono tutto sommato diverse e conducono all’attribuzione di responsabilità dell’illecito sportivo a carico del segretario del Foggia. Le argomentazioni addotte dal Foggia a propria difesa sono inconsistenti. Affatato, al momento dell’offerta degli orologi, era solo con la terna arbitrale nello spogliatoio e non rileva che la porta fosse aperta o chiusa. Del resto, l’accompagnatore del Milan è venuto a conoscenza dell’episodio soltanto perché gliene ha parlato l’arbitro. La frase di Affatato dimostra che il dirigente era conscio di contravvenire a un divieto e l’aver nuovamente offerto gli omaggi alla fine della partita, ricevendo un nuovo rifiuto, tendeva solo a diminuire la gravità del gesto compiuto in precedenza. Tutto questo, tenuto anche conto del valore degli orologi, induce a non poter considerare l’accaduto come rientrante nella comune prassi di cortesia. Il Foggia, inoltre, è responsabile oggettivamente e direttamente perché, a parere dell’organo giudicante, predisporre la consegna all’arbitro di un oggetto di rilevante valore, sia pure al termine della partita, contrasta con quanto disposto dalla circolare federale eccetera. Ecco, quindi, la decisione di penalizzare il Foggia (in quanto già retrocesso sul campo) e di distinguere fra Fesce e Affatato (3 mesi al primo, 3 anni al secondo).
* * *
Tutta la materia, a questo punto, si trasferisce davanti ai giudici della CAF, Commissione d’Appello Federale, la cosiddetta “Cassazione del calcio” che emette solo verdetti definitivi e inappellabili.
Rispetto al più immediato passato c’è una differenza importante, e cioè che, a questo punto, si inserisce nel giudizio la Sampdoria. Domanda: che c’entra ora la Sampdoria? Presto detto. Se rileggete la classifica finale prima ricordata, vi accorgete che la Sampdoria ha tutto l’interesse che il Verona e il Foggia finiscano in Serie B. In tal caso, infatti, la stessa Sampdoria sarebbe salva a tavolino e conserverebbe il posto nella massima divisione.
Per maggiore chiarezza, un breve richiamo procedurale ci farà meglio capire l’esatto iter del processo sportivo. La Sampdoria, retrocessa sul campo, può solo assistere al giudizio di primo grado, quello davanti alla Commissione Disciplinare. Può, viceversa, inserirsi e partecipare direttamente al giudizio di secondo grado (che è definitivo e inappellabile) per ottenere la condanna delle rivali e, quindi, salvarsi.
E infatti va proprio così. Vediamo come e perché.
Intanto, per comodità, ripetiamo le ultime posizioni della classifica espressa sul campo: Verona 25 punti; Foggia 24; Sampdoria 20; Genoa 17. Con questa graduatoria, il Verona è salvo, mentre retrocedono Foggia, Sampdoria e Genoa. Abbiamo anche visto che, nel giudizio di I grado, il Verona e il Foggia sono stati entrambi penalizzati di 3 punti. Per cui la nuova classifica sarebbe la seguente: Verona 22; Foggia 21, Sampdoria 20, Genoa 17. In pratica, quindi, non succede alcunché e gli illeciti commessi non hanno conseguenze.
La C.A.F. fa proprie quelle che erano state le richieste dell’accusa in occasione del primo giudizio. Il Verona passa da una penalizzazione di 3 punti alla retrocessione all’ultimo posto in classifica. Per il Foggia la penalizzazione non è più di 3 punti come stabilito in primo grado, ma di 6 punti. In questo modo il Verona, collocato all’ultimo posto, si ritrova automaticamente in Serie B. Il Foggia, penalizzato di 6 punti, scende da 24 a 18 punti e viene a trovarsi, quindi, al di sotto della Sampdoria che così rientra nella massima divisione.
Per giudicare, la CAF non ha avuto a disposizione elementi nuovi e diversi. Ha solo rivisto i criteri di valutazione una volta chiaro che il primo deliberato non aveva prodotto alcun effetto.
In altri termini, la CAF ha accertato l’illecito del Verona e l’ha sanzionato con la retrocessione della squadra all’ultimo posto in classifica.
Poi ha accertato l’illecito del Foggia, il quale Foggia, con la semplice penalizzazione di 3 punti, sarebbe tranquillamente rimasto in Serie A godendo così di un «immeritato e gratuito vantaggio». Di qui la decisione di raddoppiare la penalizzazione da 3 a 6 punti così da trattare i colpevoli allo stesso modo.
In tutta franchezza, non sappiamo se successivamente il Verona abbia tentato quello che si disse, e cioè la carta della “revocazione” (impugnazione di una sentenza già definitiva, «ndc»). Non è, però, importante stabilirlo poiché, nella stagione successiva, gli scaligeri giocarono in Serie B. Del resto, o la revocazione non fu tentata, oppure non ebbe successo.
PAOLO CARBONE, Il pallone truccato
PUBBLICATO DA CHRISTIAN GIORDANO A 20:52
FONTE: FootballPoetsSociety.BlogSpot.com
19 maggio 2006
Bruno Garonzi: «Una telefonata, e il Verona finì in B»
di Lara Vecchio
Sono passati solo 32 anni ma sembra un secolo.
Nel calcio che cambia alla velocità della luce, moltiplicando in maniera esponenziale gli interessi, azzerando o quasi il suo spirito ruspante fatto di sudore e di magie, certi ricordi in bianco e nero sembrano anacronistici. E lontanissimi. Fa quasi tenerezza ricordare il Verona, accusato nel 1974 di illecito sportivo per una telefonata riportata per interposta persona, che venne retrocesso in serie B.
Bruno Garonzi è il nipote di quel Saverio Garonzi, allora presidente della società gialloblù, che ebbe l’ardire di negare davanti all’ufficio inchieste di aver telefonato a un giocatore del Napoli alla vigilia di una partita tra il Verona e la squadra partenopea.
I rapporti tra società e giocatori erano molto diversi rispetto quanto accade oggi. Niente intermediari Re Mida che trasformano in oro una firma su un contratto, solo un presidente che ti offre l’opportunità della vita: lavorare col pallone tra i piedi.
«Per mio zio, ogni calciatore che vestiva la maglia del Verona era come un figlio. Gringo (Clerici: il centravanti brasiliano del Verona passato al Napoli, ndr) era uno di quelli. Ancora un anno di carriera professionistica, appunto, a Napoli e poi sarebbe tornato in Brasile per avviare un’attività extra sportiva. Si erano già sentiti altre volte telefonicamente e la sera prima della gara mio zio lo chiamò, mentre stava in ritiro. Probabilmente fu quello l’errore. La scelta di tempo. Chiacchierarono un po’ dei progetti futuri del calciatore e lui disse che avrebbe potuto dargli una mano per l’apertura di una concessionaria di auto una volta che fosse tornato in Brasile. La telefonata si chiuse con una battuta. Domani, mi raccomando, fai il bravo!».
Tre parole di troppo. Accanto a Clerici, un dirigente del Napoli assisteva alla conversazione che i due, guarda caso, non si erano premurati di nascondere. I contenuti finirono su un giornale napoletano che gridò allo scandalo e l’ufficio inchieste fece il seguito.
«Una telefonata pagata carissima. L’unica soluzione sarebbe stata negare anche di fronte alle insistenze dei giudici federali. Invece mio zio, messo di fronte al fatto compiuto, cedette e ammise di aver fatto quella chiamata. La punizione fu pesantissima. Lui fu squalificato e il Verona retrocesso d’ufficio. Mi creda, per la mia famiglia fu scioccante. Un vero dramma. Il Verona tornò in serie A l’anno successivo, ma ormai era subentrata la fase del disamore».
Garonzi era sicuro di aver pagato care le sue battute sagaci in dialetto veronese che ne caratterizzavano il personaggio burbero, schierato spesso contro il sistema arbitrale. Un presidente colorito, sopra le righe. Spesso scomodo.
«Poi venne il giorno del suo rapimento. Nove giorni di grandi paure. Fino al ritorno a casa e la voglia di ricominciare a cullare una passione. Quindi il ritorno al calcio. Ricominciando dai giovani».
Nacque così il progetto Veronello, in pratica l’embrione del Chievo, fondato proprio da Garonzi insieme all’attuale presidente Campedelli. Un fulgido esempio, oggi, di isola felice incastonata su uno sfondo di calcio malato. Una sorta di riabilitazione postuma visto che l’ex presidente del Verona, morto nell’ 86 in seguito a un incidente sul lavoro, non ha potuto assistere all’ascesa della sua nuova creatura. L’ultimo buon esempio calcistico che l’Italia è riuscita a mostrare al mondo.
«Cosa mi aspetto alla fine di questo pandemonio? Certo, rispetto alla nostra esperienza, oggi mi sembra che la giustizia sia più di manica larga, ma mi sa che questa volta non si può far finta di nulla. Lo scandalo ha assunto proporzioni troppo ampie».
Non c’è rancore nelle parole di Bruno Garonzi, che oggi continua l’avventura dello zio con una quota minoritaria nella società di Campedelli. Non c’è rivalsa, soprattutto.
«Anzi, sinceramente, vedere la Juventus o altre grandi squadre in serie B sarebbe una sconfitta per tutti. Ricordiamoci che esiste un indotto fortissimo che verrebbe trascinato nel baratro. In fin dei conti quello della Juventus è un marchio che in passato ha dato tanto all’immagine internazionale dell’Italia. No, non auguro del male a nessuno, anche se temo che la risoluzione del problema calcio non sarà indolore».
FONTE: IlSole24Ore.com
Un'emozione senza tempo, il Gringo è in città
GLI IDOLI DELLA CURVA. Uno dei più grandi attaccanti della storia dell'Hellas è ripassato in questi giorni dal luogo cui lo legano splendidi ricordi e tante amicizie
«Sono di passaggio a Verona, dove c'è il mio amico Renzo Cantù di Zevio, per me è come un'altra famiglia... Qui ho vissuto due anni incancellabili»
14/11/2010
Un brivido. Il Gringo è in città. La gente dice solo "Gringo", semplicemente "Gringo", senza bisogno di aggiungerci nome e cognome. Perché di Gringo ce n'è uno, tutti gli altri son nessuno. "Chi, Clerici a Verona?". Sì, proprio lui. Sergio Clerici a Verona c'è ripassato giorni fa, sulla via del ritorno in Brasile, al seguito di un gruppo di speranze brasiliane. "Come dite voi, talent scout? Ecco, faccio il talent scout. Qualcosa mi ricordo dell'italiano…". Il solito sorriso furbo, il sorriso da Gringo. Stesso passo, uguale il fisico, i capelli sul grigio, qualche segno marcato sul viso. Porca miseria, come passa il tempo…"Lo dici te" fa Clerici. "Quand'ero a Verona io tu devi essere stato un bambino. Son vecchio, ormai… ho 69 anni..." Portati alla grande, peraltro. Ride. La smorfia è la stessa, identico il lampo negli occhi di una faccia da gol.
"Ho giocato diciott'anni in Italia", racconta. "Poi ho finito a Montreal, in Canada. Ho fatto anche l'allenatore, tra le altre squadre, al Palmeiras e al Santos. Ma in Brasile è ancora peggio che qua. Vi lamentate voi, in Italia, per la moda di mandar via l'allenatore. Al Palmeiras, ricordo, ho perso 2 partite su 22 e mi hanno cacciato". Si siede, un'altra sigaretta. E racconta seguendo il filo dei pensieri. "Sono belli i ricordi. Ti metti lì e ti sembra di essere ancora il Gringo di ieri. Quello che la gente di Verona ricorda ancora". Due anni a Verona, pochi per la gente, abbastanza per lasciare un segno profondo. "Due anni molto belli. Bell'ambiente, stadio pieno, gente che ti stava vicino senza esagerare. E una bella squadra. Mi ricordo l'allenatore, il signor Lucchi. E poi Ferrari, Mascetti, Mazzanti, Maddè. Davanti con me c'erano Traspedini e Bui che poi andarono via. Dietro ricordo Savoia e Batistoni, Nanni e Ranghino. Il secondo anno arrivarono Moschino e D'Amato, che giocava con me in attacco". In quella squadra c'era anche Ripari. "Ah sì, Ripari. Questa ve la racconto…". Il Gringo ci ride su, a distanza di anni. "In allenamento, c'è un cross, io lo anticipo, la giro in rete di testa. Lui arriva un attimo dopo, mi prende in pieno viso col piede, mi spacca la faccia. Avevo sei fratture, non una. Beh, dopo quindici-venti giorni ero già in campo. Io non volevo mai star fuori, avrei giocato anche rotto. Per questo la gente mi voleva bene".
Era un idolo. "Lo so, la gente impazziva per me. Penso perché aveva capito il mio carattere, il mio temperamento. Davo tutto, volevo sempre vincere, alla gente devi dare soprattutto questo". A Verona divenne "Gringo". "C'era anche un club tutto per me. Mi volevano bene, mi mi hanno capito subito. Rimpianti? Certo. In quel calcio, nel nostro calcio, c'era più amicizia...Era più vero, più bello. E non credere quando ti dicono che oggi sono più forti. Se giocassimo oggi, io e Bui, faremmo 40 gol a campionato, anche lottando per non andare in B...".
La serie B, già. Clerici sorride. "Ho capito dove vuoi arrivare. Adesso vi racconto come andò veramente quella volta della telefonata di Garonzi. Quando il Verona venne condannato e venne mandato in B dai giudici…". Clerici va via da Verona, lo prende il Napoli. "Torno a Verona da avversario, siamo all'albergo Mastino, vigilia della partita. Mi telefona il presidente Garonzi. Ci parliamo, come va, come non va, sta bene presidente, parliamo di tutto, meno che della partita. Vicino c'erano dei giornalisti di Napoli, avevano ascoltato, non avevamo niente da nascondere. Ci salutiamo. Ci risentiamo poco dopo, gli chiedo se può darmi una mano per aprire in Brasile una concessionaria Fiat. Tutto qua, giuro".
La partita va come deve andare. Vince il Verona, 1-0 gol di Luppi. Clerici è tra i migliori, sempre dura con quelli come lui. Garonzi lo saluta alla fine. "Te mè fato morir..." gli dice battendogli una mano sulla spalla. Finita lì, per tutti, ma non per i giudici.
Scuote la testa, il Gringo. "La verità è che volevano mandar giù il Verona. Anche se il presidente, forse senza saperlo, commise l'errore decisivo". Clerici era già stato interrogato: "Io avevo dato questa versione, che poi è la verità. Purtroppo, quando interrogarono Garonzi, lui negò la telefonata, così pensarono che avesse qualcosa da nascondere".
Qualche anno dopo rivide Garonzi. "Ero col Bologna, credevo volesse picchiarmi, invece aveva capito. Qualche tempo dopo mi invitò a cena, mi confessò che l'errore purtroppo era stato suo. Una persona per bene, voleva bene al Verona. Quando seppi che era morto, ci rimasi malissimo. E' un uomo che ricordo con grande affetto". Lui e Previtali, dell'Atalanta. Lui e Piccioli, guarda un po' com'è strana la vita. Lo stesso Piccioli, che prima di lui era passato da Verona lasciando splendidi ricordi. "Fu un maestro per me. Mi allenava con la corda, adesso non si usa più". Adesso quelli come il Gringo nascono sempre più di rado.
Un soffio di rimpianto, persino saudade alla rovescia. "Lo sapete che l'Italia ci manca molto? A me, a mia moglie e a mio figlio Paulo che è nato in Italia". Paulo, poi ci sono Cristina e Marco, 23 anni. "Dio, come sono vecchio…" strizza l'occhio Clerici. Racconta frammenti della sua Italia, fotografie da risistemare sull'album che porta dentro di sé. E ancora, Savoldi e Vicino, gli arbitri e Gianni Brera, mezze verità e mezze bugie.
"Un giorno scrissero che Clerici amava whisky, donne e tappeto verde, che avevo il vizio del gioco. Presi quel giornalista e gli dissi a muso duro: tu mi puoi giudicare solo per come gioco sull'unico tappeto verde che conta, cioè il campo". Già, ma non ha risposto alle domande, Gringo. Come la mettiamo con whisky, donne e tappeto verde? Silenzio, il suo solito sorriso "stiracchiato", il tempo non è mai passato. Muy claro, Gringo.
Raffaele Tomelleri
FONTE: LArena.it
TRAGICA FINE DI GARONZI
26 marzo 1986 — pagina 43 sezione: SPORT
VERONA - Era salito sul tetto di un capannone, per seguire da vicino gli operai che stavano ristrutturando l' immobile, destinato a spazio per gli uffici della sua concessionaria Fiat, quando, improvvisamente, la lastra in vetroresina ha ceduto di schianto facendolo precipitare al suolo da un' altezza di 7-8 metri. Per Saverio Garonzi, 76 anni, 14 dei quali vissuti tra gloria, onori, amarezze e delusioni dietro la scrivania del Verona calcio, il decesso è stato pressochè immediato. "Trauma cranio-facciale e frattura del polso destro" ha scritto sul certificato di morte il medico di guardia al pronto soccorso dell' ospedale di Borgo Trento, dove il commendatore è giunto cadavere alle 10,10. Garonzi era un emblema del Verona, il personaggio cui, bene o male, si era legata un' epoca dei 70 anni di storia gialloblù, esaltati lo scorso anno dalla conquista del primo scudetto.
"Un rigattiere che si è fatto da sè" amava sempre definirsi di fronte agli altri, non rinnegando mai la sua estrazione sociale di "carrettiere" che girava per la città negli anni immediatamente successivi alla guerra. La sua avventura alla guida del Verona era iniziata nel 1965, quando Bonazzi gli passò la mano perchè stanco di sobbarcarsi il peso economico della conduzione della società. "Don" Saverio impresse subito il suo particolarissimo marchio alla gestione del club scaligero: accentratore, totalitario, assolutista. Al suo fianco chiamò solo il segretario Fiumi e con lui, oltre ad uno staff tecnico capeggiato da Tavellin, cominciò a lavorare alla ricostruzione. In tre anni il primo grosso risultato: con Liedholm alla guida della squadra conquistò la promozione in A nella stagione 1967/68. Nel ' 74 una telefonata a Sergio Clerici alla vigilia della partita con il Napoli gli costò l' accusa di "illecito sportivo" e la retrocessione a tavolino in B. Un anno di purgatorio e subito il ritorno in A con Cadè. Poi l' assunzione di Valcareggi, ex c.t. della nazionale, che segnò il secondo periodo d' oro della sua avventura: arrivò anche alla finale di Coppa Italia, venendo sconfitto dal Napoli all' Olimpico.
La sua carriera di presidente si chiude nel modo più amaro: retrocessione in B nel 1979-80 e maxi-squalifica (due anni) per una violenta polemica contro l' arbitro Menicucci. Infine, la decisione di cedere il Verona ad un gruppo di amici capeggiati da Tino Guidotti, l' uomo dello scudetto, mentre lui non perdeva la passione per il calcio assumendo la presidenza del "Paluani Chievo", squadra dell' Interregionale dilettanti. Una vita dedicata al calcio, con una parentesi di dolore: il sequestro subito la sera del 20 gennaio 1975, nella centralissima piazza Vittorio Veneto (dove abitava tuttora con la moglie), quando quattro banditi lo rapirono sotto gli occhi di centinaia di persone. La prigionia durò una settimana, poi il rilascio in provincia di Bergamo dopo il pagamento del riscatto: un miliardo di lire.
- di STEFANO EDEL
FONTE: Repubblica.it